In Israele si parla di raid aerei contro l'Iran

Daniele Raineri

Per bloccare il programma nucleare di Teheran che procede rapido, mentre i negoziati internazionali a Vienna per ora non hanno ottenuto un nuovo accordo

In Israele si parla sempre di più di possibili raid aerei contro l’Iran per bloccare il programma nucleare perché i negoziati internazionali a Vienna – che dovrebbero portare a un accordo che sospenderà il programma nucleare iraniano – sono fermi da mesi e non hanno ottenuto finora alcun risultato. Martedì il capo di stato maggiore israeliano, il generale Aviv Kohavi, ha detto che l’esercito “sta accelerando i piani operativi e lo stato d’allerta per fronteggiare l’Iran e una minaccia nucleare”, davanti alla commissione Difesa della Knesset – il Parlamento d’Israele. Martedì 19 ottobre il ministro della Difesa, Benny Gantz, era apparso davanti alla stessa commissione e aveva menzionato anche lui un possibile attacco aereo contro l’Iran e la rete tv Channel 12 aveva rivelato che il governo israeliano ha stanziato un fondo di un miliardo e mezzo di dollari per coprire le spese dell’operazione militare. Sui giornali si è speculato che l’ondata di raid aerei potrebbe non prendere di mira soltanto i siti del programma nucleare, ma anche comandanti militari e leader politici dell’Iran, in modo da azzerare la catena di comando e diminuire la capacità di reazione. I sondaggi dicono che la popolazione israeliana reagisce con scetticismo. Queste dichiarazioni da parte di Israele confezionate in modo che siano riprese dai media fanno parte di una guerra di nervi contro il governo dell’Iran, che per mesi dopo l’elezione del nuovo presidente Ebrahim Raisi ha rifiutato di tornare al tavolo negoziale di Vienna e ora ha acconsentito a riprendere i colloqui a fine novembre. Intanto produce uranio arricchito al sessanta per cento.

Dal punto di vista dell’uso civile è un’operazione senza senso (è sufficiente l’uranio arricchito sotto al dieci per cento come combustibile nelle centrali nucleari, che l’Iran non ha) ed è invece vicino alla soglia dell’uso militare, attorno al novanta per cento. Secondo un rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica di fine settembre, in teoria all’Iran mancava soltanto un mese per essere in grado di costruire una bomba atomica. Era un allarme basato sulla teoria, perché poi l’Iran dovrebbe anche prendere la decisione politica di varcare quella soglia mai varcata prima e produrre davvero un’arma atomica ma dal punto di vista tecnico ormai è una possibilità alla portata dei militari iraniani. 

  

L’Iran risponde per le rime alle dichiarazioni che arrivano da Israele. Ieri il generale iraniano Amir Ali Hajizadeh ha detto che se Israele attaccherà l’Iran allora il risultato sarà soltanto accelerare la propria fine – la linea ufficiale dell’Iran è che Israele è destinato a scomparire, presto o tardi. Il generale Hajizadeh comanda l’aeronautica delle Guardie della rivoluzione ed è uno dei comandanti più in vista del regime – alcuni lo considerano l’erede del generale Qassem Suleimani.  

Per anni durante il doppio mandato del presidente George W. Bush alla Casa Bianca si è parlato di possibili raid aerei contro i siti del programma nucleare iraniano – che nel corso del tempo per questo motivo sono diventati grandi complessi sotterranei a decine di metri di profondità. Poi la questione era sparita dalle conversazioni, fino a quest’autunno. Suona teorica, ma c’è da ricordare che la guerra fra Iran e Israele è una questione concreta. In questi giorni Israele accelera i bombardamenti aerei in Siria proprio per contenere gli iraniani, che vogliono trasformare il paese a nord di Israele in una piattaforma militare per lanciare attacchi. Prima i raid israeliani in Siria avvenivano circa una volta ogni due settimane, nell’ultimo mese ce ne sono stati sette. Israele è preoccupato dal trasferimento clandestino di missili e anche di droni armati, che gli iraniani spostano in Siria nell’eventualità di una guerra. 

Di più su questi argomenti:
  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)