Arnaldo Otegi (foto EPA)

Perché la pace nei Paesi baschi, nonostante le ferite, è riuscita bene

Guido De Franceschi

A vent'anni dalla cessazione della lotta armata da parte dell'Eta riemerge il ruolo avuto da Arnaldo Otegi e Jesús Eguiguren. Che sono entrati in questo percorso nel pieno delle forze e, quando ne sono usciti, si sono scoperti ormai vecchi

A dieci anni dalla cessazione della lotta armata da parte del gruppo terroristico basco Eta, annunciata il 20 ottobre 2011, Arnaldo Otegi, che da vent’anni è il leader politico dell’indipendentismo radicale, ha detto, riferendosi alle vittime dell’Eta: “Ci dispiace per il loro dolore e affermiamo che non avrebbe mai dovuto esserci” e “non avrebbe dovuto prolungarsi così tanto nel tempo. Avremmo dovuto arrivare prima al momento in cui tutto ciò si è fermato”. Le sue parole hanno suscitato grande discussione. Qualcuno dice che è tardissimo per affermare queste cose e che non è abbastanza (perché non c’è la parola “condanna” e perché, detta così, sembra che per un po’ di tempo, nonostante il ripristino della democrazia, gli attentati siano stati legittimi), ma che è comunque un passo. Ma per i più è soltanto una vergogna che Otegi parli ancora, oltretutto con tanta reticenza, e si critica il fatto che il premier socialista Pedro Sánchez si appoggi talvolta in Parlamento anche sui voti (o sulle astensioni) del suo partito.

La versione vera di come si sia arrivati alla pace è che la polizia spagnola, dopo che fu archiviata la “guerra sporca” contro Eta degli anni Ottanta in cui gruppi paramilitari illegali avevano fatto varie porcherie e ucciso anche degli innocenti, aveva poi agito con efficacia. E che, nel frattempo, la politica era stata compatta nell’applicare leggi quasi liberticide (scioglimento dei partiti e severe pene detentive per i dirigenti come Otegi) contro chi non condannasse la violenza. Tantissimi arresti, pochi dirigenti a piede libero, poche armi, pochi rifugi, nessun partito d’appoggio e sempre meno consenso da parte del mondo indipendentista a sua volta stremato dopo decenni di violenza. Questi sono gli elementi che hanno costretto Eta al ritiro.

Accanto a questa versione ce n’è un’altra che circola di nuovo in questi giorni e che attribuisce grandi meriti all’allora premier José Luis Rodríguez Zapatero che “coprì” un dialogo, durato anni, tra il socialista basco Jesús Eguiguren e, appunto, Otegi. E il fatto che la versione vera sia quell’altra non significa che questa sia falsa. La pace in contesti incancreniti come quello basco passa infatti per tanti piani. Politico, poliziesco, sociale, umano. E il dialogo privato tra Otegi ed Eguiguren, poi sfociato in incontri diretti tra Eguiguren e la cupola di Eta, avrebbe valore anche se si dovesse ammettere, e non è così, che non abbia innescato alcunché.

Non sono peraltro due tipi da applausi, Otegi ed Eguiguren. Il primo perché non se li merita, avendo sempre costeggiato Eta (ha addirittura subìto una condanna per un sequestro, nel 1979, anche se si dice innocente). Il secondo perché è un tipo ruvido (e perché ha una lontana condanna per percosse alla prima moglie, anche se la donna poi ritrattò subito e anche se, per quel che vale, chi lo conosce lascia intendere, senza che si individuino sgocciolii di cameratismo o di solidarietà maschilista, che le cose siano un po’ più complicate). Però, per anni Otegi ed Eguiguren hanno incarnato lo sforzo di provare a migliorare le cose. Otegi facendo passetti impercettibili mentre continuava a dire in pubblico cose inaccettabili, anche se di cose forse lui ne avrebbe ormai dette altre, un po’ più coraggiose, se non avesse voluto portare con sé, per scongiurare ricadute, anche tutti i più tonti, i più esaltati, i più stronzi, i più sprovvisti di un piano b tra i suoi. Ed Eguiguren continuando a dialogare con Otegi – e poi, di persona – con i leader di Eta mentre negli stessi mesi i terroristi continuavano ad ammazzare i suoi compagni di partito e migliori amici.

I due sono entrati in questo percorso nel pieno delle forze e, quando ne sono usciti, si sono scoperti ormai vecchi. Soprattutto Eguiguren, che, dopo la pace, si è sbriciolato. Ha lasciato la politica e ora sta meglio, ma quando parla, con quel suo tono lentissimo, continua a guardare un punto fisso, con gli occhi vuoti. E su YouTube ci sono delle sue incredibili interviste tv di qualche anno fa: alcol, troppi psicofarmaci o solo la depressione e la stanchezza estrema di cui ha spesso raccontato lui stesso? In ogni caso, nessun leader politico si è mai mostrato in pubblico in un simile stato di prostrazione. E, anche se Eta si è sciolta per altre ragioni, la gelida lentezza con cui Otegi ha frenato se stesso e l’implosiva tensione a cui Eguiguren ha deciso di sottoporre il suo stesso corpo non sono estranee al fatto che la pace nel Paese basco, nonostante le ferite ancora aperte, sia riuscita, alla fine, così bene. 

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