Afghanistan, tutti in pista

Daniele Raineri

Qatar, Pakistan, Emirati Arabi Uniti e Turchia competono per riaprire l’aeroporto

Poche ore dopo il decollo degli ultimi soldati americani dall’aeroporto internazionale di Kabul di lunedì scorso è arrivato in senso contrario un aereo del Qatar carico di tecnici e di attrezzature. In questi giorni successivi al ritiro definitivo degli Stati Uniti è cominciata una competizione tra alcuni stati della regione allargata per dimostrare vicinanza al nuovo regime dei talebani e non è sottile. L’arena di questa competizione per ora è l’aeroporto della capitale afghana, che allo stato attuale delle cose non è più in funzione perché i talebani non hanno le competenze per gestire il traffico aereo. Le piste adesso deserte erano il collegamento più veloce con il resto del mondo. Tuttavia tre aerei in cinque giorni sono atterrati dal Qatar, che è un emirato del Golfo molto vicino ai talebani. E’ il Qatar che in questi anni ha fatto da sede diplomatica distaccata per i talebani quando c’erano negoziati in corso ed è il Qatar che ha mediato con discrezione gli scambi di prigionieri tra i guerriglieri e gli Stati Uniti. Giovedì il ministro degli Esteri qatarino, Sheikh Mohammed bin Abdulrahman al Thani, ha annunciato che il Qatar sta facendo del suo meglio per riaprire l’aeroporto di Kabul il prima possibile.

Lo ha fatto in conferenza stampa insieme con il ministro degli Esteri britannico, Dominic Raab, che ha detto una cosa importante: grazie alla riapertura delle piste l’evacuazione degli afghani che si sentono in pericolo di vita continuerà (molti sono rimasti esclusi dal ponte aereo di agosto). In questi giorni ci sono negoziati sottobanco tra molti governi stranieri e i talebani. I nuovi padroni di Kabul chiedono legittimità internazionale e aiuti immediati per far funzionare il paese e in cambio acconsentono alle richieste che arrivano dall’estero – tra le quali c’è la prosecuzione dell’evacuazione. 

Mercoledì era arrivato un aereo carico di aiuti dal Pakistan, sponsor da molto tempo dei talebani, che ieri ha annunciato la ripresa dei voli verso Kabul nel giro di due-tre giorni. E ieri è arrivato anche un aereo con sessanta tonnellate di aiuti dagli Emirati Arabi Uniti, che negli anni Novanta avevano riconosciuto il governo talebano (assieme a sauditi e pachistani: soltanto tre stati al mondo) e ora vorrebbero aprire di nuovo le relazioni e non lasciare i talebani nell’abbraccio dei qatarini – che detestano. Il quarto governo che lavora per affermare la propria presenza all’aeroporto è la Turchia, che si occuperebbe della sicurezza – il luogo resta un bersaglio ovvio per lo Stato islamico – e in cambio avrebbe un canale privilegiato con i talebani. Nei mesi prima del tracollo uno dei punti fermi dell’Amministrazione Biden quando si parlava di Afghanistan era che i talebani non avrebbero conquistato il paese con la violenza altrimenti sarebbero stati isolati e sarebbero diventati dei paria internazionali. Come altri punti ritenuti certi, anche questo si sta dimostrando un’illusione.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)