Perché il ritiro americano da Kabul è un problema anche per l'economia dell'Iran

Giampaolo Conte

I progressi socioeconomici che l'Afghanistan ha ottenuto in questi anni sono destinati a scomparire con la fine della missione internazionale. Un danno per le casse di Kabul, ma anche per quelle dei suoi vicini, come Teheran, che oggi gioisce per la partenza degli Stati Uniti, ma ne subirà pesanti contraccolpi

Con il ritiro della missione internazionale dall’Afghanistan è tempo di bilanci. Per quanto sembra ormai assodato che da un punto di vista strategico e militare si tratta di un’annunciata débâcle, da un punto di vista economico e sociale qualche successo è stato ottenuto. Per quanto la situazione attuale sia fuori controllo – banche chiuse, valuta sull’orlo del precipizio, blocco del settore terziario, etc – guardando all’Afghanistan del 2002 ci rendiamo conto che ci sono stati dei progressi socio-economici importanti.   

 

Nel corso di questo ventennio l’accesso alla sanità per gli afghani è migliorato, con particolare riguardo per le aree urbane, così come la qualità e l’inclusività del sistema educativo. Inoltre, la prospettiva di vita è sensibilmente migliorata e nel complesso c’è stata una riduzione drastica della mortalità infantile. L’emergere di una nuova classe media cittadina ha permesso all’economia del paese di diversificarsi. Le migliorie nel campo educativo, con l’inclusione delle donne nella forza lavoro qualificata, ha permesso di veder crescere la quota del pil proveniente dal settore dei servizi a detrimento del settore agricolo, da cui ancora circa il 60 per cento delle famiglie locali dipende per il proprio sostentamento e reddito. Certo, l’affidabilità di questi dati è incerta, considerando che il sommerso vale circa l’80 per cento dell’economia del paese. Con le dovute cautele, imputabili ad un’iniqua distribuzione della ricchezza, non possiamo non notare però che il pil pro capite, che nel 2002 era di 900 dollari, nel 2020 è salito a 2.100 dollari. Tale aumento ha spinto verso l’alto i consumi.

   

C’è però da essere chiari: questi timidi successi sono da imputare alla presenza delle forze alleate sul terreno e dalla profusione di denaro da parte della comunità internazionale. Solo gli Stati Uniti, come stimolo allo sviluppo economico, hanno speso più di 20 miliardi di dollari, a cui bisogna aggiungere i 5.3 miliardi investiti dalla Banca Mondiale. Questo denaro non è certo finito interamente nella tasche degli afghani contribuendo ad aumentare la produttività del paese, bensì ha incrementato i profitti delle società private occidentali e specialmente statunitensi. In generale, tale affermazione è riscontrabile dal fatto che con il calo degli aiuti internazionali, che fino al 2010 valevano quasi il 100 per cento del pil, la crescita economica del paese ha iniziato a rallentare, e con essa la povertà è tornata ad aumentare.

  

La diversificazione dell’economia nonché l’aumento del pil pro capite, per quanto viziati dalla presenza occidentale, sono risultati un ottimo affare anche per i paesi confinanti, primo fra tutti l’Iran. Potrebbe risultare strano, ma uno dei maggiori beneficiari dei miglioramenti economici è stato il regime degli ayatollah. Secondo l’European Council on Foreign Relations, l’Iran ha ottenuto dall’Afghanistan quella valuta pregiata – principalmente dollari – a lui preclusa dalle sanzioni americane grazie ad una bilancia commerciale in forte attivo, che vale circa 2 miliardi di dollari all’anno. L’aumento di questo interscambio è stato facilitato dalla costruzione di infrastrutture funzionali ad aumentare la connettività regionale dell’Afghanistan e dalla pseudo stabilità garantita in questi anni.

  
Il ritiro statunitense avrà gravi contraccolpi anche per l’economia iraniana che si vedrà privata, almeno nel breve e medio periodo, di una fonte fondamentale di valuta pregiata nonché di un mercato importante per l’export dei propri prodotti non petroliferi. Inoltre, l’inflazione che colpirà la valuta afghana porterà inevitabilmente a una perdita di valore della moneta locale e a una contrazione fisiologica della domanda: un danno per tutti coloro che importano merci in Afghanistan. Il ritiro occidentale colpisce più duramente il portafoglio dell’Iran di quanto si possa immaginare, lasciando incompiuto un timido miglioramento socioeconomico almeno di una parte della popolazione afghana. 
 

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