A Londra c'è un processo voluto dagli uomini di Putin che fa male pure al nostro pluralismo

Micol Flammini

La giornalista Catherine Belton ha scritto un libro molto dettagliato su come il presidente russo ha pietrificato negli anni il suo potere. Dentro ci sono dati, interviste, fonti. Alcuni oligarchi e la compagnia Rosneft hanno deciso di intentare una causa per diffamazione contro di lei e contro l'editore HarperColllins e la decisione non ha precedenti 

Il libro di Catherine Belton, “Gli uomini di Putin” (La nave di Teseo), è un racconto meticoloso di come il presidente russo, Vladimir Putin, è arrivato al Cremlino e soprattutto di come sia riuscito a consolidare, quasi pietrificare, il suo potere per vent’anni. La giornalista inglese ha raccolto dati, informazioni e interviste, ha confezionato un lavoro lungo e dettagliato che ha fatto arrabbiare gli uomini di Putin, che sono il sostentamento del suo potere, ed evidentemente lo  stesso Putin. In un modo del tutto inaspettato che non ha precedenti, alcuni oligarchi citati nel libro, e la Rosneft, la compagnia petrolifera russa a maggioranza statale, hanno annunciato  una causa per diffamazione contro la casa editrice  che ha pubblicato il libro, il ramo britannico di HarperCollins,  e contro la Belton, ex corrispondente da Mosca per il Financial Times, ora a Reuters. Le prime udienze si sono aperte questa settimana: è un evento inedito perché mai prima d’ora degli oligarchi russi, molti dei quali vivono nel Regno Unito, avevano usato la legge britannica, tribunali britannici, legali britannici, per contestare un’inchiesta contro di loro. 

 

In Russia, la repressione del pluralismo segue un regime quotidiano, le autorità combattono contro i giornalisti a colpi di etichette dal suono burocratico ma che sono in grado di fermare l’attività delle testate. Questa settimana uno dei maggiori giornalisti di inchiesta, Roman Dobrohotov, ha subìto una perquisizione, progettava di lasciare la Russia e gli è stato tolto anche  il passaporto. E’ il capo dell sito  Insider, che si occupa di servizi di sicurezza e che è conosciuto soprattutto per la sua collaborazione con Bellingcat: il gruppo di giornalisti e di esperti di intelligence che, tra le altre cose, ha svelato anche i nomi degli avvelenatori di Alexei Navalny

 

Nel processo contro Belton, uno degli accusatori è Roman Abramovich, proprietario del Chelsea che ha accusato il libro di contenere “pigre imprecisioni”, come  quelle che riguardano il suo acquisto della squadra, che sarebbe avvenuto  per  volere di Putin. Gli avvocati dell’oligarca, durante l’udienza, hanno fatto lunghi riferimenti al fatto che, secondo quanto scritto nel libro, il “lettore normale” è portato a pensare che Abramovich altro non sia che un cassiere del presidente. Un custode dei fondi illeciti, oppure il volto rispettabile di un potere corrotto. Su questa linea si muove l’accusa di Abramovich, ma la cosa che proprio non manda giù è che venga messa in dubbio la sua passione per il Chelsea. 

 

La sentenza dovrebbe arrivare a fine anno, ma la causa contro  Catherine Belton e HarperCollins  è  davvero un precedente importante e indica che tutta l’operazione ha uno scopo molto più ampio. “Gli uomini di Putin” non è il primo libro di inchiesta che esce sul presidente e le ramificazioni del putinismo, ma adesso, mentre in Russia va avanti una repressione rumorosa e impunita, c’è anche uno scopo più ampio: scoraggiare future inchieste anche fuori da Mosca. Nigel Gould-Davies, esperto di Russia ed ex ambasciatore britannico in Bielorussia, in un editoriale sul Moscow Times mette bene in rilievo la questione: il diritto inglese rischia di prestarsi al tentativo della Russia di limitare la pubblicazione di fatti che riguardano il presidente e i suoi uomini in giro per il mondo. 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.