(foto EFE)

Com'è la ley trans in Spagna e le crepe che ha aperto nei socialisti

Guido De Franceschi

Il provvedimento si riallaccia alla stagione zapaterista. Ma mentre Podemos si intesta l'approvazione della bozza di legge, alcune femministe avanzano critiche

Il premier socialista spagnolo Pedro Sánchez, dopo essersi affrancato dalla faticosa collaborazione con il suo vicepremier Pablo Iglesias (l’ex leader della sinistra radicale di Podemos che si è dimesso dall’esecutivo per partecipare, con esiti abbastanza rovinosi, alla corsa per la presidenza della regione di Madrid) e dopo aver messo in stand by per qualche minuto la questione catalana (grazie alla concessione dell’indulto ai leader indipendentisti ancora in carcere), ha potuto riallacciare il filo con l’ormai antica stagione zapaterista. Si colloca infatti in quel solco la bozza di disegno di legge che il governo Sánchez ha appena approvato e che si riassume con la definizione di “ley trans”.

 

In realtà, però, questo provvedimento che ora inizierà un suo lungo viaggio parlamentare e che ha l’obiettivo di estendere i diritti dei cittadini transessuali non è affatto di conio socialista. Il partito promotore di questa misura legislativa è infatti Podemos, con il coordinamento del ministro dell’Uguaglianza, Irene Montero, che è una delle leader del movimento (nonché moglie di Pablo Iglesias). Nel Psoe, anzi, la ley trans ha dapprincipio sollevato perplessità, manifestate soprattutto dalla vicepremier Carmen Calvo. Ma poi, dopo alcune limature del testo e dopo un lungo lavoro di ricucitura degli sfilacciamenti interni alla maggioranza, la linea di Podemos ha prevalso e la bozza è stata approvata dal governo. I due concetti chiave della legge sono: autodeterminazione del genere e depatologizzazione delle procedure per il cambio di genere sui documenti. In altre parole, a partire dai 16 anni di età i cittadini possono decidere e ottenere di cambiare genere per il solo fatto di desiderarlo (autodeterminazione), anche senza aver affrontato alcun percorso chirurgico o di somministrazione di ormoni e senza dover esibire alcun parere medico (depatologizzazione).

Alcuni critici moderati della legge sostengono però che l’aver eliminato qualunque intervento di un dottore non implichi solo una depatologizzazione delle procedure per cambiare genere, ma una loro completa demedicalizzazione e ritengono che su questo aspetto la ley trans sia eccessivamente facilona. I cittadini dai 14 ai 16 anni hanno invece bisogno dell’assenso di un genitore o di un tutore legale e quelli da 12 a 14 anni anche dell’avallo di un tribunale (per quanto riguarda i minori, la legge, al contrario di quanto era filtrato nei mesi precedenti, non prevede però un “alleggerimento” delle regole sui trattamenti ormonali e sugli interventi chirurgici inerenti al cambiamento di genere).

La Spagna sarebbe il settimo paese europeo a introdurre l’autodeterminazione del genere, che è già prevista in Belgio, in Danimarca, in Irlanda, in Lussemburgo, in Portogallo e, sorprendentemente, nella cattolicissima Malta, che, pur essendo uno degli stati dell’Ue più rigorosamente restrittivi sull’aborto e pur avendo introdotto il divorzio soltanto nel 2011 (e per un soffio: nel referendum che si tenne in quell’anno nell’arcipelago i “sì” furono solo il 53 per cento e nell’isola di Gozo stravinse il “no”), ha una delle legislazioni sulla transessualità più apprezzate dagli attivisti lgbt. Le perplessità del Psoe sulla ley trans a livello nazionale sono in realtà diluite dal fatto che negli anni scorsi in numerose regioni spagnole, governate proprio dai socialisti, sono già state introdotte delle leggi locali che anticipano, in tutto o in larga parte, le misure previste nella bozza appena approvata a Madrid.

E, dal momento che l’opposizione alla ley trans da parte del Partito popolare di centrodestra e dei sovranisti di Vox è scontata, nel dibattito pubblico spagnolo hanno sollevato interesse soprattutto le severe critiche alla ley trans espresse da alcune femministe storiche, che ritengono che la scelta del genere a cui ci si sente di appartenere non possa essere affrontata con la “leggerezza” consentita da una semplice autodeterminazione e che una simile impostazione indebolisca le politiche pubbliche e le misure legislative a favore dell’uguaglianza tra donne e uomini e contro la violenza machista. I socialisti, in ogni caso, non ne escono per ora benissimo. Infatti, nonostante il persistere di una fiammella zapaterista, per quello che riguarda la ley trans nel partito si sono aperte visibili crepe. E, mentre Podemos si intesta la vittoria dell’approvazione della bozza di legge, il centrodestra ha gioco facile nel dire a Sánchez: “Vi criticano anche le femministe” (sottintendendo il corollario: “che sono di sinistra”). 

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