L'intervista 

“Mila è vittima di una fatwa contemporanea”, ci dice il ministro Blanquer 

Mauro Zanon

Il titolare dell’Istruzione francese ci spiega perché il caso della studentessa minacciata non è isolato. Il silenzio delle femministe

“L’affaire Mila è un caso emblematico che ha portato alla luce del giorno l’esistenza di fenomeni diffusi nella società francese. E’ qualcosa di più vasto che va oltre la situazione in cui è costretta a vivere questa studentessa. Mila è vittima di una fatwa contemporanea”, dice al Foglio il ministro dell’Istruzione francese, Jean-Michel Blanquer, sollecitato sul caso della studentessa minacciata di morte per aver criticato l’islam in una story su Instagram nel gennaio 2020.

  

“La fatwa comincia con l’ayatollah Khomeini contro il celebre scrittore britannico di origini indiane Salman Rushdie”, ricorda Blanquer. Khomeini utilizzò la radio per emettere la sua sentenza, uno strumento di comunicazione à l’ancienne. Oggi, con i social network, la situazione è peggiorata secondo il ministro, “perché la fatwa può essere emessa da qualsiasi persona e colpire chiunque”. “Lo si è visto con il professore di storia e geografia Samuel Paty (decapitato lo scorso ottobre dal terrorista islamico Abdoullakh Anzorov per aver mostrato le vignette di Charlie Hebdo, ndr) ed è accaduto nuovamente con l’affaire Mila. Una persona dietro un computer lancia una minaccia contro un’altra persona e alcuni individui si sentono legittimati a commettere una violenza seguendo la logica del branco” sottolinea il titolare dell’Éducation nationale. 

 
Per Blanquer, “ci troviamo di fronte a un fenomeno antropologico profondo: il fenomeno del ‘capro espiatorio’, che consiste nell’accanirsi in gruppo contro una sola persona. E’ una piega nefasta che sta prendendo l’umanità”. Il fenomeno denunciato dal ministro francese è aggravato e ingigantito dai social, perché consentono l’anonimato e l’amplificazione dell’attacco ai danni dell’individuo indicato come bersaglio. E’ ciò che è successo a Mila, vittima di “più di 100mila messaggi di odio, secondo quanto riferito dal suo avvocato, Richard Malka. “L’affaire Mila ci impone di reagire. Dobbiamo alzare argini contro questi nuovi pericoli”, dice al Foglio Blanquer. Per il ministro, il problema è anche “la perdita di riferimenti nella società”: un problema che inizia in famiglia e continua nel sistema scolastico. “L’interesse educativo del processo Mila (tredici individui sono accusati di cyberbullismo e minacce di morte, ndr) è far capire che certi comportamenti sono illegali: la paura deve cambiare sponda”, afferma Blanquer.

 

La lotta contro il cyberislamismo è uno dei pilastri del progetto di legge contro i separatismi attualmente al vaglio del Parlamento: un progetto molto criticato dall’ala sinistra della maggioranza, fortemente sostenuto, invece, dal ministro Blanquer, perché “consentirà di evitare altri affaire Mila”. L’Éducation nationale sta facendo di tutto per garantire alla studentessa diciottenne di poter ritrovare quella libertà di circolazione che ora le è preclusa, assicura Blanquer. Sulle femministe, particolarmente silenziose sull’affaire Mila, è molto critico il ministro: “Non si sono fatte sentire”. Lui, invece, ha alzato parecchio la voce la scorsa settimana all’Assemblea nazionale contro l’incursione dell’ideologia “woke” nelle università francesi, parlando di “un nuovo maccartismo”. Quando evochiamo la recente inchiesta dell’Ifop secondo cui la maggioranza dei liceali (il 52 per cento) rifiuta la “laicità alla francese”, Blanquer non nega la sua preoccupazione e dice che riaccendere l’amore per laicità, “che non è un’arma contro le religioni, ma una protezione per le religioni” è in cima alle sue priorità. 

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