Angela Merkel (foto EPA)

Merkel contro Biden. L'Ue ha una priorità diversa: l'export di dosi e ingredienti dei vaccini

David Carretta

Con le restrizioni alle esportazioni di Stati Uniti, Regno Unito e India, attualmente è Bruxelles a farsi carico del resto del mondo. “Siamo la fabbrica globale dei vaccini”, ci dice un alto funzionario europeo

Angela Merkel ha suonato la fine della ricreazione sulla sospensione della protezione dei brevetti sui vaccini contro il Covid-19, dopo che la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ieri aveva espresso la disponibilità a “discutere” la proposta dell’Amministrazione Biden. La sospensione creerebbe “gravi complicazioni” alla produzione di vaccini, ha detto il portavoce della cancelliera tedesca. I capi di stato e di governo dell’Unione europea parleranno della svolta di Biden nella cena di questa sera dopo il summit sociale di Porto. I negoziati dell’Organizzazione mondiale del commercio dovrebbero riprendere la prossima settimana a Ginevra. Ma il messaggio indirizzato da Bruxelles e Berlino a Biden è molto diverso da come appare a una lettura superficiale del discorso di von der Leyen. Il problema principale nella produzione globale dei vaccini non sono i brevetti, ma il protezionismo, compreso quello americano: prima di lanciarsi in prese di posizione simboliche, gli Stati Uniti farebbero bene a togliere il divieto alle esportazioni di dosi e componenti di vaccini.

“L’Ue è pienamente impegnata per superare tutte le barriere che ostacolano la lotta globale contro il Covid-19. Tutti i paesi devono consentire le esportazioni ed evitare di perturbare le catene di approvvigionamento”, ha detto il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Con le restrizioni alle esportazioni di Stati Uniti, Regno Unito e India, attualmente è l’Ue a farsi carico del resto del mondo. “Siamo la fabbrica globale dei vaccini”, dice al Foglio un alto funzionario europeo. Dall’Ue sono state esportate oltre 200 milioni di dosi, più di quanto sia stato consegnato per i suoi cittadini. Il bando deciso da Donald Trump e confermato da Biden continua a creare un sacco di problemi. Questa settimana CureVac, il cui vaccino dovrebbe essere autorizzato entro un mese, ha spiegato che “a causa del Defense Production Act non siamo in grado di avere alcuni ingredienti dagli Stati Uniti”. Di conseguenza non ci sono certezze sulle dosi che CureVac potrà consegnare. 

Appena due settimane fa, von der Leyen aveva detto al New York Times: “Non sono affatto una sostenitrice dell’ipotesi di liberare i brevetti”. La presidente della Commissione stava visitando lo stabilimento a Puurs di Pfizer-BioNTech, con cui ha concluso un’alleanza strategica sui vaccini mRna dopo il conflitto con AstraZeneca. Per von der Leyen, c’è “bisogno dell’ingegnosità del settore privato”. Ieri Michel ha spiegato che “l’Ue sostiene la terza via promossa dal direttore generale della Wto”. Nel suo discorso inaugurale il 13 febbraio, Ngozi Okonjo-Iweala ha illustrato la “terza via” sui vaccini: non la sospensione della protezione dei brevetti, ma “rigettare il nazionalismo e protezionismo” e “facilitare il trasferimento di tecnologia nel quadro delle regole multilaterali, in modo da incoraggiare ricerca e innovazione e al contempo permettere accordi di licenza che aiutino ad aumentare la produzione”. E’ quello che fa l’Ue, promuovendo intese nei paesi a basso e medio reddito. “Si può trasferire la proprietà intellettuale a società farmaceutiche in Africa, ma non hanno una piattaforma per produrre mRna”, ha ricordato Macron. “Per installare una linea di produzione dei vaccini ci vogliono dai sei mesi a un anno. Bisogna poi considerare il tempo necessario al negoziato alla Wto”, dice la fonte europea: “La volontà dell’Ue è di vaccinare la popolazione mondiale nel breve periodo”. La svolta di Biden si può discutere ma, di per sé, non è la soluzione. “Al di là degli annunci ci vuole concretezza”, ha detto il ministro francese, Clément Beaune.

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