La strategia di Kurz contro l'Ue è arrivata alla minacce sui vaccini

Micol Flammini

Il cancelliere austriaco vuole bloccare un contratto con Pfizer-BioNTech per ricevere dosi in più che non gli spettano

Roma. Il cancelliere austriaco Sebastian Kurz è furioso. Vuole, chiede e pretende delle dosi di vaccino in più, ma durante il vertice della scorsa settimana, alle sue richieste, insistenti, i capi di stato e di governo hanno risposto “no”. Kurz  è  passato alle minacce e ha intenzione di bloccare un nuovo contratto di 100 milioni di dosi del vaccino Pfizer-BioNTech, che si aggiungerebbero alle 500 milioni già ordinate, che garantirebbe un anticipo di dieci milioni di dosi da ricevere  entro fine giugno. Kurz vuole che l’Austria sia tra i paesi che più riceveranno da questa nuova consegna ma  gli altri europei   non ritengono che Vienna sia tra i paesi che più hanno bisogno di dosi in aggiunta. 

 

Il piano è di assegnare dalle due alle tremila dosi ai paesi con maggiori difficoltà – Bulgaria, Croazia, Lettonia e Repubblica ceca – e ridistribuire il resto tra gli altri paesi membri. Da quello che hanno raccontato fonti europee a Politico, Kurz è disposto a fare pressione fino “a mettere a repentaglio la vita di 50 milioni di europei per ottenere qualcosa di cui non ha nemmeno bisogno”. Il  conteggio segue dei criteri di necessità, ci sono stati che hanno più bisogno di altri e tra questi non c’è l’Austria.  L’insistenza del cancelliere è motivata anche dal fatto che è stato il suo governo a sbagliare le ordinazioni delle dosi: aveva diritto a più vaccini di Johnson & Johnson e di Pfizer-BioNTech e ne ha chiesti meno. E non è l’unico, in tanti hanno preferito affidarsi ad AstraZeneca, non avevano previsto i problemi di produzione e di distribuzione della società anglo-svedese e per il primo e il secondo trimestre Vienna e altre capitali hanno avuto una campagna di vaccinazione un po’ più lenta del previsto anche per questo motivo. La decisione di puntare su AstraZeneca, più economico e più facile da conservare, è stata presa da  molti paesi dell’est che si sono uniti all’Austria per chiedere “un correttivo” e  una nuova ripartizione delle dosi. Kurz si è messo a capo di questi paesi e questa  è stata soltanto l’ultima delle sue crociate contro la strategia vaccinale europea. 

 

A inizio marzo Sebastian Kurz era andato in Israele assieme alla leader danese Mette Frederiksen e aveva annunciato che era arrivato il momento di discostarsi dalla linea della Commissione. Israele è senza dubbio un esempio, il caso di una campagna molto efficiente, ma difficile da applicare in Europa. Qualche settimana dopo Kurz  aveva denunciato il “bazar” europeo con cui erano state distribuite le dosi. Ma non c’era stato nessun bazar, la Commissione aveva messo a disposizione di ogni paese un quantitativo di vaccini proporzionale  alla popolazione. Una ridistribuzione impeccabile, poi i paesi hanno deciso di muoversi liberamente. La Danimarca, per esempio, ha comprato le dosi di Pfizer e Moderna che gli altri non volevano. L’errore di Kurz è stato doppio,  perché è venuto fuori in fretta che l’Ue non aveva responsabilità ed era stata  Vienna a sbagliare i calcoli. Non sapendo più con chi prendersela ha licenziato Clemens Martin Auer, alto funzionario del ministero della Sanità, che era il presidente del comitato direttivo dell’Unione sui vaccini, sede del bazar. Questa teoria è stata smentita anche dal ministro della Salute austriaco, Ines Stilling, ma non è bastato per calmare Kurz che  si è anche messo in contatto con il Fondo russo per gli investimenti diretti per importare, non appena ci saranno sufficienti dati sulla sicurezza, anche un milione di dosi di Sputnik. Ci sono negoziati, trattative, scambi di rapporti medici e anche una data: l’Austria vorrebbe far arrivare il vaccino russo in aprile. 

 

Il governo austriaco composto da una coalizione tra i popolari di Kurz e i Verdi ha gestito molto bene la prima fase della pandemia, è stato anche tra i primi a riaprire le scuole, ma dall’autunno l’esecutivo è stato colpito da una serie di scandali che coinvolgono soprattutto i ministri dell’Övp e il trambusto sui vaccini sembra più una strategia politica che una reale necessità. 
I paesi membri, inclusa l’Italia, si sono opposti alla richiesta di assegnare all’Austria dosi in aggiunta perché ritengono che non ne abbia bisogno e infatti  la campagna di vaccinazione di Vienna, nonostante i problemi con AstraZeneca, si è anche velocizzata, è sopra la media europea. L’Ue deve ancora capire se la minaccia di Kurz è reale, se il nuovo acquisto ha bisogno dell’unanimità degli stati membri per essere finalizzato, come dice l’Austria. Il cancelliere, che ha iniziato la sua carriera politica in modo brillante e rapido, è riuscito a uscire illeso dopo gli scandali dell’estrema destra dell’Fpo, con cui governava nella coalizione precedente, ma sta facendo molta confusione, che sta lentamente erodendo il suo consenso. Ora pretende che l’Ue lo salvi dai suoi errori e, magari, che salvi anche il suo governo. 
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.