editoriali
La procedura contro Johnson
Londra vuole trasformare un accordo in carta straccia, l’Unione europea fa bene a muoversi
Non sono passati nemmeno tre mesi dalla firma dell’intesa tra Unione europea e Regno Unito sulle relazioni future e la Commissione di Ursula von der Leyen è già costretta a minacciare multe e rappresaglie commerciali per la decisione di Boris Johnson di violare l’accordo Brexit. In gioco c’è il Protocollo irlandese, costruito su misura per proteggere la pace sull’isola e il mercato unico dell’Ue. Johnson lo aveva promosso, firmato e confermato nella sua forma attuale, ma continua a rinnegarlo perché a una parte dei tories e agli unionisti non-irlandesi è indigesto a causa della creazione di una frontiera doganale all’interno del Regno Unito tra la Gran Bretagna e l’Irlanda del nord. Così, per la seconda volta in meno di sei mesi Johnson ha deciso di disapplicare il Protocollo. La prima era stata a ottobre con un progetto di legge sul mercato interno. Oggi è con la decisione unilaterale di prolungare un periodo di grazia che permette di non controllare alcune merci britanniche dirette in Irlanda del nord.
Ieri la Commissione ha inviato una lettera di messa in mora, primo passo della procedura, che potrebbe concludersi davanti alla Corte di giustizia dell’Ue. Il vicepresidente Maros Sefcovic ha inviato una lettera politica al nuovo zar della Brexit a Londra, David Frost, per chiedere di astenersi dal mettere in pratica la decisione e avviare discussioni per trovare una soluzione concordata entro la fine del mese. L’Ue è aperta a un compromesso pragmatico. Ma la risposta di Johnson (il Protocollo “deve garantire il commercio non solo nord-sud ma anche est-ovest”) dimostra che il premier non è pronto ad assumersi la responsabilità di ciò che ha firmato. Anche se è probabile una marcia indietro britannica dell’ultimo minuto, la Commissione fa bene a non permettere a Johnson di trasformare un accordo internazionale in carta straccia.
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