EPA/DAVID FERNANDEZ

L'assassinio di Luca Attanasio e le falle di Monusco

Daniele Raineri

La missione militare più grande e costosa delle Nazioni Unite è in Congo da vent’anni e non riesce a dirci se una strada è sicura

L’ambasciatore italiano Luca Attanasio e il carabiniere Vittorio Iacovacci sono morti durante uno spostamento organizzato dalle Nazioni Unite in un’area che vede schierata la forza internazionale Monusco, che è il contingente militare più grande e più costoso mai messo in piedi dalle Nazioni Unite. Monusco ha garantito all’ambasciata italiana che la strada da Goma a Rutshuru era “sicura” e quindi percorribile con misure di sicurezza minime e invece dopo soltanto venticinque chilometri una banda armata ha bloccato le jeep delle Nazioni Unite, ha ucciso tre persone e ne ha rapite altre tre. C’è una responsabilità, e se non è nella mancata protezione è nelle informazioni sbagliate che a volte in quei teatri così caotici e pericolosi fanno danni irrimediabili. Eppure la missione militare dovrebbe avere informazioni solide perché va avanti in quella fascia di confine del Congo da più di vent’anni – è cominciata nel 1999 sotto un altro nome e poi ha preso il nome attuale, Monusco nel 2010 (era un tentativo di dimenticare i primi dieci anni con le loro inefficienze e di ripartire).

 

    

 

A questo punto c’è da farsi domande che in pochi si ponevano con discrezione prima che la notizia della morte di un ambasciatore finisse sulle prime pagine dei giornali. Questa forza internazionale creata dall’Onu e che in teoria si occupa “di stabilizzazione” è riuscita a stabilizzare qualcosa al costo di più di un miliardo di dollari al’anno? I suoi soldati hanno qualche idea di cosa stanno facendo? Stanno cambiando le cose in meglio in quella zona del Congo? Monusco ha anche un potere di iniziativa in più e molto importante rispetto agli altri contingenti di peacekeeping sparsi per il mondo: può lanciare operazioni offensive. Dopo che l’ennesima città del Congo era caduta nelle mani dei ribelli sotto gli occhi del contingente, con saccheggi e violenze contro la popolazione, le Nazioni Unite hanno autorizzato la creazione di una forza di intervento rapido sotto la bandiera di Monusco che può fare cose impensabili negli altri continenti. Può andare all’attacco, cominciare per prima i combattimenti e anche bombardare con gli aerei. Ma gli analisti dicono che non riesce a controllare sul terreno così vasto e in luoghi difficili da raggiungere gli effetti dei bombardamenti e quindi procede alla cieca, a colpire nella vegetazione, in collaborazione con l’esercito del Congo che suggerisce i bersagli.

 

Non è una strategia di guerra che può funzionare. Ci si trova di fronte a una creatura controsenso e sponsorizzata in modo svogliato dalla comunità internazionale e poco amata dagli abitanti del Congo, che secondo sondaggi del 2017 pensano al quaranta per cento che sia una missione “corrotta” e al trenta per cento “che se ne dovrebbe andare”, percentuale che sale al cinquanta per cento nelle zone, come il Nord Kivu dove sono stati uccisi Attanasio e Iacovacci, dove Monusco è schierata. E’ un malcontento giustificato. Prendiamo lo scandalo delle violenze sessuali. Nel 2017 Associated Press ha scoperto che delle più di duemila accuse di stupro (messe agli atti) contro personale delle Nazioni Unite a partire dal 2005 ce ne sono 700 che riguardano il contingente in Congo. Un soldato pachistano ha violentato una ragazza di 14 anni in un campo per sfollati durante la visita di una delegazione di alti funzionari delle Nazioni Unite. La nonna aveva lasciato la ragazza da sola nella tenda per andare a vedere l’arrivo dei visitatori, il militare ne ha approfittato. “Che cosa poteva fermare quel soldato, se non ci è riuscita nemmeno la presenza lì vicino di tutti i suoi capi?”, chiede un membro della commissione d’indagine che segue le accuse.

 

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