L’ambasciatore italiano Luca Attanasio e il carabiniere Vittorio Iacovacci sono morti durante uno spostamento organizzato dalle Nazioni Unite in un’area che vede schierata la forza internazionale Monusco, che è il contingente militare più grande e più costoso mai messo in piedi dalle Nazioni Unite. Monusco ha garantito all’ambasciata italiana che la strada da Goma a Rutshuru era “sicura” e quindi percorribile con misure di sicurezza minime e invece dopo soltanto venticinque chilometri una banda armata ha bloccato le jeep delle Nazioni Unite, ha ucciso tre persone e ne ha rapite altre tre. C’è una responsabilità, e se non è nella mancata protezione è nelle informazioni sbagliate che a volte in quei teatri così caotici e pericolosi fanno danni irrimediabili. Eppure la missione militare dovrebbe avere informazioni solide perché va avanti in quella fascia di confine del Congo da più di vent’anni – è cominciata nel 1999 sotto un altro nome e poi ha preso il nome attuale, Monusco nel 2010 (era un tentativo di dimenticare i primi dieci anni con le loro inefficienze e di ripartire).
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