Riaprono i cinema a Parigi e i parigini gridano: "Libération"

Non erano mai stati chiusi, nemmeno durante la guerra. Storia e immagini di una capitale cinefila che non è mai stanca di film, di aprire sale nuove e di ristrutturarne di vecchi

Mauro Zanon

Parigi. Al 5 Caumartin, saletta d’essai vicino a Saint-Lazare, lo schermo, lunedì, si è illuminato a mezzanotte e zero uno, un minuto dopo la fine dell'isolamento dei cinema a causa del coronavirus. “Non ce la facevamo più”, ha detto al Figaro uno dei centoventi cinefili selezionati per la prima proiezione della réouverture, “Les parfums”, con Emmanuelle Devos nel ruolo di protagonista. “Non ci sono parole per descrivere le mie emozioni. È da novantanove giorni che vi aspettiamo!”, si è rivolto agli spettatori Louis Merle, direttore del 5 Caumartin.

 

Novantanove giorni sono tanti per Parigi, anzi un’eternità per la capitale mondiale della cinefilia, la città che ha il doppio delle sale cinematografiche di New York, il quadruplo di Londra, ossia 420, e continua ad aprirne di nuove o a restaurarle. È il caso de La Pagode, mitica sala in stile giapponese di rue de Babylone, nel Settimo arrondissement. Edificata nel 1896, e diventata rapidamente un indirizzo imprescindibile per gli amanti del cinema, è stata chiusa brutalmente nel 2015 e sembrava la fine malinconica di una storia. Ma un magnate americano, Charles S. Cohen, con una passione smisurata per il cinema, nonché proprietario di diverse sale a New York, l’ha acquistata nel 2017 e la farà rinascere entro il 2022. “Sono nato cinefilo”, ha detto Cohen, che punta a restaurare La Pagode nella sua estetica di fine Ottocento, ma innestando i confort della modernità, schermi e acustica di ultima generazione. Alcuni cittadini locali gli hanno rimproverato di aver tagliato il salice piangente e il maestoso ginkgo biloba che svettavano nel giardino di fronte all’entrata. “Ma quando vedranno la Pagode in tutto il suo splendore, spero me lo perdoneranno”, ha dichiarato al Figaro Cohen. Anche il Louxor, altro cinema storico di Parigi in stile neoegizio, ha appena riaperto le porte, come testimoniato dalle splendide immagini pubblicate sul sito del Monde.

 

“Guarderò sicuramente uno o due altri film di seguito oggi, perché sono in astinenza!”, ha detto uno spettatore al termine della prima proiezione. Ci sono i gesti barriera e le misure di sicurezza sanitaria da rispettare con disciplina, ma sono cose di poco conto dinanzi alla gioia di ritrovare il buio della sala, la magia del cinema e le dorature del Louxor. La cinefilia è nata a Parigi grazie a un italiano, Ricciotto Canudo, che i francesi chiamavano “le Barisien” per le sue origini pugliesi. Fu lui a parlare per la prima volta di “settima arte” nel Manifeste du septième art, e fu lui a lanciare il primo club di cinefili. Poi vennero i Cahiers du Cinéma di Godard, Truffaut e di tutta la banda della Nouvelle Vague, e dagli anni Sessanta in poi è stato un crescendo. I cinema non erano rimasti chiusi nemmeno durante la guerra, e anche per questo si parla di “libération”, ora che anche le sale sono deconfinate. Il ministro della Cultura, Franck Riester, ha annunciato domenica scorsa che i cinema non avranno “il limite del 50 per cento di capienza”, ipotesi circolata fino a un po’ di giorni fa. Tuttavia, una poltrona dovrà rimanere vuota tra uno spettatore e l’altro “se non si appartiene allo stesso gruppo”. I direttori delle sale reclamano al più presto un “deconfinamento senza distanziamento” come già accade nei Tgv dove tutti i posti sono occupati. Ma intanto la Parigi cinefila torna alla vita. Paris libéré, Paris déconfiné.

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