editoriali
C'è ancora un giudice a Coblenza
La Germania apre i processi internazionali contro i torturatori di Assad
L’Alta Corte di Coblenza, in Germania, annuncia che il 23 aprile si aprirà il processo contro un ufficiale dell’intelligence siriana accusato di avere torturato quattromila persone, di averne assassinato 58 e di avere commesso stupri e violenze sessuali nel carcere di al Khatib a Damasco. La Siria del rais di Bashar al Assad è uno stato di polizia dove i dissidenti spariscono nelle prigioni e dove l’intelligence è un corpo armato che si occupa di punire e far sparire chiunque non sia allineato – e non stiamo parlando di terroristi, stiamo parlando di politici, intellettuali, professori e gente che semplicemente ha fatto l’errore di criticare la quarantennale dinastia Assad (a volte nemmeno quello: basta una barzelletta raccontata nel posto sbagliato oppure una denuncia anonima). Le delegazioni che vanno in visita a Damasco, anche di politici italiani, queste cose non le raccontano perché fanno un giro turistico con foto ricordo nel suk della capitale, stretta di mano con il rais, albergo tirato a lucido e visto pre-approvato con settimane di anticipo (poi tornano e scrivono sui social: la Siria non è come vi dicono, va tutto bene).
Il nome dell’ufficiale accusato di crimini contro l’umanità è Anwar R. e le indagini contro di lui sono cominciate nel 2016 dopo le denunce di circa 50 siriani, inclusi molti sopravvissuti al passaggio nella sua prigione. Più che il caso singolo è importante il concetto generale che regge il processo: la Germania intende affermare un principio di giurisdizione universale che consente di giudicare un aguzzino torturatore anche se tutto si è compiuto in un altro paese. Ci sono molti che spingono per una normalizzazione delle relazioni con Assad. Ci sono altri che sostengono la necessità di investigare, giudicare e attribuire delle responsabilità precise all’interno di un regime che imprigiona, tortura, violenta e fa sparire decine di migliaia di cittadini – e tutto questo per durare un po’ di più.
la sconfitta del dittatore