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Guerra dell'oppiaceo

Un giudice bastona J&J per spaccio di farmaci mortali. Un caso di scuola per la battaglia che verrà, con una postilla

Lunedì un giudice dell’Oklahoma ha condannato la Johnson & Johnson per aver sistematicamente mentito, attraverso messaggi commerciali altamente fuorvianti, sui reali effetti degli oppiacei che commercializzava o che contribuiva a produrre con le piantagioni che gestisce in Tasmania. Nelle motivazioni, il giudice Thad Balkman ha scritto che le “pericolose” campagne di marketing della multinazionale “hanno causato tassi di dipendenza esponenzialmente crescenti e morti da overdose” e ha disposto un risarcimento da 572 milioni di dollari. In Oklahoma, stato con poco meno di quattro milioni di abitanti, sono morte dal 2000 oltre seimila persone a causa degli antidolorifici che con colpevole leggerezza vengono venduti e prescritti come poco inclini a dare dipendenza e quasi del tutto privi di effetti collaterali.

 

Gli avvocati dell’accusa, le cui vite personali sono state toccate dalla tragedia degli oppiacei, chiedevano una multa da 17 miliardi di dollari, la cifra che lo stato stima sia necessaria per rimediare gli effetti della crisi ventennale degli oppiacei. Il giudice ha basato la stima della multa su un anno soltanto, cioè 893 milioni, divisi fra i 572 di Johnson & Johnson, i 270 milioni di Purdue e gli 85 milioni di Teva, questi ultimi pagati in un patteggiamento nell’aprile scorso. Johnson & Johnson, che distribuisce attraverso un’azienda del gruppo l’1 per cento degli oppiacei che circolano in Oklahoma ma coltiva e raffina la maggior parte delle sostanze oppiacee usate nel mercato americano, non ha patteggiato, e il processo “ha dimostrato che l’azienda è alla radice di questa crisi”, come ha detto un procuratore.

 

La vicenda giudiziaria ha due facce. Da una parte, la sentenza dell’Oklahoma potrebbe imporsi come caso di scuola per disciplinare le oltre duemila cause civili e penali aperte in giro per gli Stati Uniti per inchiodare i produttori di oppiacei alle loro responsabilità. La piaga degli antidolorifici ha causato centinaia di migliaia di morti negli ultimi venticinque anni, più dei decessi negli incidenti stradali. Per mettere il fenomeno in prospettiva: nel 2016 sono morti 42 mila americani per abuso di oppiacei, più di quanti ne sono morti nell’anno più letale dell’epidemia di Aids. La riscossa potrebbe partire dall’Oklahoma.

 

Dall’altra parte, però, la misura della pena sembra sproporzionata rispetto ai guadagni realizzati dalle aziende, e dunque difficilmente in grado di mettere in crisi il loro business. 572 milioni di dollari sono spiccioli rispetto ai profitti delle case farmaceutiche, che si muovono nell’ordine delle decine e centinaia di miliardi. I delusi dalla sentenza dell’Oklahoma notano che si sta ripetendo una storia vecchia. La prima maximulta di questo genere è arrivata nel 2007 a Purdue, produttore dell’Oxycontin, il farmaco che ha cambiato il volto dell’America: l’azienda ha pagato 635 milioni di dollari perché aveva mentito sapendo di mentire sui reali effetti del farmaco a rilascio graduale, ma quella non era che una piccola frazione dei guadagni già realizzati. Purdue ha pagato senza fiatare, ha ritoccato la comunicazione e ha ripreso gli affari. Dopo la sentenza di lunedì, i titoli di Johnson & Johnson e delle altre aziende del settore sono saliti, perché gli osservatori si attendevano una multa di altro calibro. Il processo dell’Oklahoma potrebbe essere l’inizio di una riscossa oppure soltanto business as usual.