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Google ha fatto 4,7 miliardi di entrate grazie alle notizie?

Eugenio Cau

Un report (via New York Times) riattizza la guerra tra news e piattaforme digitali

Milano. Il New York Times ha pubblicato, in anteprima e con un certo risalto, i risultati di uno studio della News Media Alliance, un’associazione di rappresentanza della stampa americana, in cui si legge che nel 2018 Google ha guadagnato 4,7 miliardi di dollari grazie al settore delle news. E’ una cifra enorme che grida subito ingiustizia: nello stesso periodo, l’intero ammontare delle entrate pubblicitarie di tutti i giornali americani (sono migliaia) è stato di 5,1 miliardi di dollari, praticamente lo stesso. Di fatto, Google da solo ottiene grazie alle news le stesse entrate di tutti i produttori di news in America – niente male se si considera che Google, di news, non ne produce neanche una.

    

Ovviamente il tono dell’articolo è scandalizzato. Il fatto che il declino delle entrate pubblicitarie dei giornali (e il declino delle entrate in assoluto) sia coinciso con l’ascesa di Google e Facebook come campioni dell’industria pubblicitaria digitale non è considerato come una coincidenza dentro al mondo dei media. L’idea è che Google e Facebook abbiano monopolizzato il mercato della pubblicità digitale, l’abbiano chiuso all’accesso di esterni e abbiano costretto le organizzazioni che si occupano di informazione a vivere delle briciole che cadono da quella che un tempo era la loro tavola. Gli inserzionisti non comprano più pubblicità sui giornali online ma la comprano su Google e Facebook, che sono più appetibili. Ma in che modo Google e Facebook costruiscono dei prodotti appetibili? Spesso utilizzano i contenuti di quegli stessi giornali che contribuiscono a danneggiare. Queste cifre mostrano che i pochi milioni che aziende come Google e Facebook promettono ai giornali per aiutarli a sviluppare il loro business sono nient’altro che mancette.

   

Secondo lo studio, circa il 40 per cento dei risultati di ricerca di Google nella sezione “trending” riguardano contenuti di news, e questo significa che le notizie hanno un peso importante nel business di Google. Eppure, per l’utilizzo di quelle stesse notizie, Google non paga un soldo – questo ragionamento è lo stesso alla base del celebre articolo 11 della direttiva europea sul copyright, che chiede alle piattaforme di pagare qualcosa per i riassunti degli articoli (spesso soltanto titolo e sottotitolo) che si trovano su Google e su Facebook.

   

I numeri dello studio sono piuttosto impressionanti. Ma sono corretti? Appena l’articolo del New York Times è uscito, su Twitter molti analisti e professori universitari che si occupano di rapporto tra digitale e media si sono dimostrati scettici. I problemi sono principalmente due: lo studio di cui parla il Nyt non viene da un ente indipendente, ma da un’associazione di categoria che è parte in causa della vicenda. In secondo luogo, la cifra mastodontica di 4,7 miliardi di dollari è stata ottenuta in maniera un po’ creativa. Gli autori dello studio sono partiti da una dichiarazione di un dirigente di Google risalente al 2008, secondo il quale Google News fruttava all’azienda 100 milioni di dollari. Partendo da qui hanno fatto il calcolo: se Google news valeva x nel 2008, contando che Google è cresciuto y allora il valore del settore news sarà, con qualche aggiustamento, la cifra z (cioè 4,7 miliardi). Il problema è che in un decennio Google è diventato un’azienda infinitamente più complessa, e senza dati più certi è difficile dire quanto davvero valga per il motore di ricerca il mercato delle news.

   

E allora perché il New York Times si è tuffato di testa su uno studio che è quasi impossibile da verificare? Anche il prestigioso giornale americano è parte in causa – ed è per questo che lo studio della News Media Alliance va inteso come l’atto di una guerra, un po’ sotterranea e un po’ combattuta di malavoglia, tra le grandi aziende digitali, in particolare Google e Facebook, e i media non soltanto americani. Tra le due parti in contesa si è creato ormai un rapporto di interdipendenza stretta, e tuttavia sbilanciato: è vero che le piattaforme si prendono la fetta più grande della torta dei ricavi della pubblicità digitale, e che spesso lo fanno grazie ai contenuti dei giornali, e questo vale sia che le entrate di Google siano 4 miliardi sia che siano soltanto 2 miliardi. Ma è anche vero che, a trent’anni dalla nascita del World wide web, i media non sono ancora riusciti a trovare un modello funzionante di business online.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.