Emmanuel Macron (foto LaPresse)

Macron ci mette la faccia alle europee e ha un piano contro il “consenso molle”

David Carretta

Il presidente francese rischia di perdere contro la Le Pen ma insiste con la determinazione europeista. L’esito per ora è “produttivo”

Bruxelles. Emmanuel Macron ha deciso di fare delle elezioni europee di domenica un referendum su scala continentale e non desiste dal suo progetto di rimodellare il panorama politico dell’Ue. “Il pericolo nazionalista c’è”, ha detto il presidente francese in un’intervista al quotidiano belga Soir: queste elezioni sono un “momento storico”, le “più importanti dal 1979”, perché di fronte alle crisi economica e migratoria, allo smantellamento del multilateralismo, allo scontro sino-americano, serve “un’Europa più unita e più forte” e “i movimenti politici che sono favorevoli a questo devono vincere domani e poi lavorare insieme”. Da lunedì mattina Macron vuole lavorare per formare una “coalizione del progresso” che includa i liberali, i socialdemocratici e “una parte dei cristiano-democratici e degli ecologisti”. La scommessa del presidente francese è rischiosa. Marine Le Pen è stata la prima a cercare di trasformare le europee in un referendum nazionale su Macron e il Rassemblement national è in testa nei sondaggi. Matteo Salvini potrà rivendicare più seggi all’Europarlamento della Republique En Marche e, grazie a Nigel Farage, aspirare a creare un gruppo di nazionalisti grande come quello di Macron con i liberali. La frammentazione politica, le crescenti tensioni con la cancelliera Angela Merkel e le resistenze dell’establishment del Partito popolare europeo potrebbero compromettere il piano di una coalizione europeista. Ma, se Macron ha dimostrato qualcosa in Europa da quando è entrato all’Eliseo, è la sua determinazione a combattere le battaglie in cui crede, anche a costo di apparire come il grande sconfitto. 

 

 

  

Quale che sia il risultato del voto domenica, martedì sera Macron si presenterà alla cena informale dei capi di stato e di governo determinato a spingere i suoi candidati per i vertici delle istituzioni europee (al Soir ha fatto il nome di Michel Barnier e Charles Michel, ma la sua preferita sembra essere Margrethe Vestager) e un’agenda politica di rilancio per non lasciar morire l’Ue di “consenso molle”.

 

A leggere i giornali francesi e tedeschi, Macron appare come un pugile suonato in Europa. Gli obiettivi che si era posto nel suo discorso alla Sorbona del settembre 2017 sono stati frustrati dalla prudenza di Merkel che, malgrado sia al suo ultimo mandato, non vuole correre rischi sulla scena politica tedesca. Il metodo Macron nell’Ue ha segnato una rottura rispetto a quello dei suoi due predecessori, Nicolas Sarkozy e François Hollande, che si accodavano alla Germania per evitare di esporsi a inevitabili sconfitte europee. Macron invece non esita a marcare le sue differenze con la Merkel, ad avanzare proposte ostili alla Germania, a rinunciare alla coreografia delle conferenze stampa comuni che servono solo a mascherare le divergenze. L’ultimo episodio è stato lo scontro sulla Brexit in aprile (con Macron falco e la Merkel cauta e vittoriosa), ma negli stessi giorni, la Francia si è isolata votando contro il mandato per un accordo di libero scambio nel settore industriale con gli Stati Uniti. Solo dieci paesi – ma non la Germania – hanno firmato un documento francese per darsi l’obiettivo di zero emissioni nel 2050. La tassazione dei giganti del digitale è stata insabbiata, non ultimo a causa delle perplessità di Berlino. Eurogruppo dopo Eurogruppo, l’idea di Macron di dotare la zona euro di un bilancio autonomo viene annacquata da tedeschi e olandesi. Ma lui non ha rinunciato: è necessario “il massimo di ambizione per l’Europa. La timidezza o la mancanza di ambizione possono essere fatali”.

 

Dopo due anni di presidenza, il bicchiere di Macron sembrerebbe mezzo vuoto, ma è un’illusione ottica. Il bilancio della zona euro ancora non c’è, tuttavia sarà lanciato nel Consiglio europeo di giugno. La Francia ha incassato la direttiva sui diritti d’autore, quella sui lavoratori distaccati, il rafforzamento dell’Europa della difesa, il regolamento sulla protezione degli investimenti strategici, una linea più dura con la Cina, la creazione delle università europee. Rinunciando a qualche cosa, Macron vuole realizzare nell’Ue un “consenso produttivo”. Che è sempre meglio del “compromesso molle” di cui l’Europa è malata da troppo tempo.