Il capo negoziatore della Brexit, Michel Barnier (Foto LaPresse)

L'offensiva di Barnier, candidato e agnello sacrificale di Macron

Mauro Zanon

Il francese piace sia a destra che a sinistra ma teme di essere superato dalla Vestager nella corsa per la presidenza della Commissione europea

Parigi. Nel prossimo quinquennio, “voglio essere utile all’Europa”, disse al Journal du Dimanche a inizio maggio. E ora che anche il presidente della Repubblica francese e suo connazionale Emmanuel Macron è uscito allo scoperto, Michel Barnier è nella rosa dei candidati a entrare a Palazzo Berlaymont come prossimo presidente della Commissione europea. Barnier è per tutti “Monsieur Brexit”, colui che per diciotto mesi ha guidato la “Task Force 50”, incaricata di negoziare l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. Ma mentre a Bruxelles è considerato come una “star”, secondo il direttore dei servizi finanziari della Commissione Olivier Guersent, a Londra è visto come una bestia nera, e per di più francese, che si è permesso di fare ironia sugli inglesi e la Brexit, e quando era commissario per il Mercato interno e i servizi, dal 2010 al 2014, ha mandato fuori di senno le banche della City a colpi di regulation – “è l’uomo più pericoloso d’Europa”, scrisse il Telegraph nel 2010, “è un eurocrate anti britannico”, vergò il Sun quando Jean-Claude Juncker, attuale presidente della Commissione europea, ufficializzò la sua nomina come caponegoziatore della Brexit. Poco importa, però, quello che pensano ora i britannici, prossimi a chiudere la porta dell’Ue: bisogna convincere quelli che stanno dentro, a partire dalla Germania di Angela Merkel che come si sa al momento formalmente sta con il candidato naturale, o meglio procedurale, alla successione di Juncker: Manfred Weber, bavarese.

 

Barnier, 68 anni e originario della Savoia, dove ha iniziato la sua carriera, è un europeista della prima ora. Ha avuto molti incarichi in Francia come deputato, senatore e ministro (dell’Ambiente nel governo Edouard Balladur, degli Affari europei nei governi Alain Juppé I e II, degli Esteri nel governo Jean-Pierre Raffarin III), ma è in Europa che si è guadagnato una solida reputazione, prima da commissario per le Politiche regionali, poi da commissario per il Mercato interno e i servizi e infine come tenace caponegoziatore della Brexit. “È uno dei commissari più apprezzati per la sua efficacia e il suo modo di gestire i dossier. Tiene in considerazione il suo interlocutore, è rispettabile e rispettato”, ha detto di lui l’eurodeputato conservatore Michel Dantin. Esiste un metodo Barnier che, per diversi osservatori, assomiglia molto al metodo Macron: una ricerca perenne della sintesi, dell’“en même temps”, cercando di unire flessibilità e intransigenza, mostrandosi all’ascolto ma anche inamovibile quando sul tavolo ci sono i principi non negoziabili dell’europeismo.

 

“È una persona capace di raggiungere un punto d’incontro, di ottenere un consenso”, ha detto Pierre-Jérome Hénin, che è stato per anni suo consigliere per le relazioni con la stampa. Per alcuni è l’uomo giusto al posto giusto, il rassembleur che potrebbe piacere a destra e a sinistra con il suo progetto di “New Green Deal” europeo, in sintonia con l’ondata verde dello scrutinio di domenica – a gennaio ha presentato il suo manifesto politico costruito su quattro pilastri, tra cui appunto un piano ambientalista per sostenere la finanza green, un aumento della tassazione dei giganti del web, la protezione delle frontiere dell’Ue e l’aumento del budget per la difesa. Per altri, invece, potrebbe essere l’agnello sacrificale utilizzato da Macron per arrivare alla sua preferita, la liberale danese Margrethe Vestager, attuale commissaria europea per la Concorrenza. “Metteremo tutto il nostro peso sul piatto della bilancia per avere o un candidato francese, che potrebbe essere Michel Barnier, o un candidato che sia in ogni caso molto più vicino al centro di gravità del nuovo Europarlamento, molto meno a destra”, ha dichiarato a France Inter Pascal Canfin, uno degli eurodeputati di spicco della République en marche. Il sogno macronista è la Vestager, ma la nomina di Barnier sarebbe comunque una vittoria per l’inquilino dell’Eliseo.

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