Gli alti gradi delle Forze Armate restano fedeli a Maduro (foto LaPresse)

Perché buona parte dell'esercito del Venezuela continua a sostenere Maduro

Maurizio Stefanini

Chi sono i generali che tengono ancora in vita il regime e quali interessi hanno nel reprimere la rivolta di Guaidó

“El entramado de empresas, fundaciones y órganos militares en Venezuela” è il titolo di un rapporto che è uscito il 22 luglio 2018, a cura della ong Control Ciudadano. È un documento che può essere utile rileggere, per spiegare perché gli alti gradi delle Forze Armate restano fedeli a Maduro, malgrado un malcontento degli ufficiali inferiori che si evidenzia nelle frequenti diserzioni e ammutinamenti. L'ultimo è stato quello dei “Fazzoletti Azzurri” che hanno spinto Guaidó a tentare la spallata del 30 aprile.

 

 

I numeri. Secondo il ministero della Difesa di Caracas, in Venezuela ci sarebbero tra i 95.000 e 150.000 militari effettivi, che con i richiamabili arriverebbero a 235.000. Il sito specializzato Global Fire Power ne conta invece 123.000: 115.000 effettivi e 8.000 della riserva.

 

I generali sono 2.000, con relativi privilegi. Cioè, secondo la stima minima, sarebbero 1 ogni 47 uomini mentre, secondo quella massima, sarebbero 1 ogni 118. Nel primo caso, vorrebbe dire che nell'esercito venezuelano ci sono tanti generali quanti sono i tenenti in un esercito normale. Nel secondo caso, sono tanti quanti sono i capitani (più del doppio degli Stati Uniti, che per 1.305.200 uomini attivi e 811.000 riservisti contati nel 2016 hanno 900 generali). Insomma, i gradi più elevati nell'esercito venezuelano sono svalutati quasi quanto la moneta del paese. Però, se i cittadini delle banconote svalutate non sanno che farsene, agli uomini in divisa il rango non dispiace affatto. Ai 2.000 generali bisogna inoltre aggiungere i circa 1.000 militari in servizio o in pensione cui sono stati affidati incarichi.

 

Manuel Quevedo, maggior generale della Guardia Nacional Bolivariana, è da un anno e mezzo direttore della società petrolifera di stato Pdvsa. Si tratta di un incarico prestigioso, dal momento che dalla Pdvsa dipendono il 96 per cento delle entrate pubbliche e le maggiori riserve petrolifere del mondo. Doveva porre rimedio al disastro che ha fatto precipitare la produzione dai 3.239.000 barili al giorno del 1990 a quota 1,19 nel 2017. In molti lo accusano però di non avere la benché minima competenza del settore che sta gestendo. Il fatto è che la produzione continua a precipitare, e già si prevede che a fine 2019 sarà calata a mezzo milione.

 

Alexander Cornelio Hernández Quintana, generale di divisione, è direttore della Camimpeg. Si tratta dell'incarico più significativo, dal momento che questa Compañía Anónima Militar de Industrias Mineras, Petrolíferas y de Gas, è stata creata nel 2016 proprio per affidare ai militari le riserve minerarie non petrolifere (bauxite, oro, diamanti, gas, coltan). In particolare, il traffico di oro sta diventando la principale risorsa del regime di fronte al collasso della produzione petrolifera.

 

Vladimir Padrino López, generale e ministro della Difesa, interessato dalle sanzioni degli Stati Uniti, è alla guida della Gran Misión de Abastecimiento Soberano. È l'incarico più remunerativo, perché fu creato tre anni fa per dare ai militari il ciclo completo sugli alimentari, dalla produzione alla distribuzione. Grazie all'accesso a un sistema di cambio preferenziale, i militari possono comprare all'estero e rivendere in Venezuela a prezzi maggiorati. E visto che un maggiore delle Forze armate guadagna al cambio 15 dollari al mese, tutto ciò dà una occasione di extra irresistibile.

 

Cavim è la Compañía Anónima Venezolana de Industrias Militares, fondata nel 1975 per fornire i militari di munizioni e materiale militare. Nell'epoca pre-chavista era l'unica società gestita da militari. Adesso controllano oltre 20 società, la cui competenza va dalla semina e raccolta di cereali alla fabbricazione di prodotti per la pulizia, di libri di scuola e di giocattoli. Insomma, il business in divisa in Venezuela è ormai altrettanto invadente quanto lo è a Cuba o in Egitto.

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