Nursultan Nazarbayev era presidente del Kazakistan dal 1990

Le dimissioni di Nursultan Nazarbayev non sono a sorpresa

Micol Flammini

Era presidente del Kazakistan dal 1990, ora dice di voler preparare il paese all'arrivo delle nuove generazioni, ma sta tentando di  salvare il suo potere

Roma. Nursultan Nazarbayev è presidente del Kazakistan da quando il Kazakistan è diventato il Kazakistan. Era al governo dal 1990, da dopo la caduta dell'Unione sovietica e sembrava che per rimanere aggrappato a quel potere avrebbe fatto di tutto. E di tutto ha fatto, fino a ieri quando inaspettatamente ha detto che avrebbe lasciato spazio alle nuove generazioni. Ed è stato tutto un bisbigliare, un inseguirsi di supposizioni, sarà malato, si sono chiesti molto osservatori internazionali, avrà in mente qualcosa, hanno detto altri. Di lui ci si pensava che avrebbe fatto come gli altri, come Islam Karimov, presidente dell’Uzbekistan che era rimasto aggrappato al potere anche da morto. Infatti la notizia del suo decesso arrivò dopo giorni di smentite, di pettegolezzi e bugie. Le agenzie si facevano guerra per dare la notizia della morte per prime, era nato anche un profilo Twitter disponibile in russo e in inglese che si chiamava “Where is Islam Karimov”.

 

Nazarbayev invece ha scelto un’altra strada: un videomessaggio trasmesso dalla televisione nazionale. Non ha chiarito i motivi e ora la guida spetterà a Kassym-Jomart Tokayev, presidente della Camera alta del Parlamento, lo ha detto il presidente stesso: “Lo conoscete bene, lavora accanto a me fin dai primi giorni dell’indipendenza del Kazakistan, io lo conosco, è un uomo onesto, preciso e responsabile, tutti i programmi li abbiamo elaborati e adottati insieme. Credo che Tokayev sia la persona a cui possiamo affidare il Kazakistan”. Il presidente ad interim non rappresenterà una sfida per Nazarbayev, è un suo collaboratore, esperto di Cina, abile nel mantenere i rapporti con Mosca e con Pechino, i partner più importanti del Kazakistan.

 


Ci saranno nuove elezioni ma al pensiero di candidarsi, di fare una campagna elettorale i politici kazaki ci avevano rinunciato da tempo, almeno dal 2007, quando Nazarbayev aveva ottenuto il diritto di potersi candidare per un numero illimitato di volte e, avidamente, ha continuato a ottenere mandati su mandati, legando le sorti del Kazakistan alle sue e le sue a quelle del Kazakistan. Bisognerà aspettare un po’ per capire come si sentirà il Kazakistan senza di lui e lui senza il Kazakistan. Le voci delle sue possibili dimissioni, in realtà, erano state messe in giro nel 2016, dopo la morte di Karimov. Il Kazakistan non voleva arrivare impreparato alla morte del proprio presidente così come era successo con l'Uzbekistan che per giorni ha dovuto far finta di averne ancora uno.

 


Il Kazakistan voleva essere preparato e tre anni fa si parlava di transizione. Ma Nazarbayev non sembrava averne voglio e poche settimane fa aveva deciso di far cadere il governo guidato da Bakhytzhan Sagintayev perché a suo parere non aveva raggiunto risultati soddisfacenti con la scusa che, nonostante le riforme, il mercato del lavoro nelle aree rurali non era stato stimolato. Un piccolo capriccio, forse.

 


“Come fondatore dello stato indipendente kazako, il mio compito è facilitare l’ascesa di una nuova generazione di leader che porterà avanti le riforme iniziate nel paese”, ha detto il presidente. E alle elezioni manca poco, lui rimarrà alla guida del suo partito Nur Otan. Da tempo Nazarbayev continuava a parlare di riforme, quasi fosse un'ossessione e la parola nella bocca di un leader senza tempo sembrava poco veritiera, soprattutto dopo aver fatto finire il governo di Sagintayev che di riforme, anche buone, ne aveva fatte molte. La sua ricandidatura e la sua rielezione sembravano sicure, anche perché Nazarbayev nei suoi trent’anni di comando è riuscito a triplicare la produzione petrolifera del paese e ad attrarre le società energetiche straniere.

 


I suoi rapporti con la Russia vanno avanti da sempre (per questo prima di annunciare le sue dimissioni si sarà consultato con Vladimir Putin), da quando da giovanissimo si era unito al Partito comunista, dapprima tra i Giovani comunisti poi nel partito nazionale, e nel 1989 era diventato il segretario della sezione kazaka. Dopo il crollo dell’Unione sovietica venne eletto presidente. Ma al di là della storia e della mitologia di questo mondo antico rimasto in piedi nonostante tutto, conservato e cristallizzato che accomuna la storia di tutte le repubbliche dell’Asia centrale, a Nursultan Nazarbayev va il merito di aver capito in tempo come resistere alla storia.

 


Per Alexander Gabuev ricercatore del Carnegie Institute di Mosca, la mossa del presidente kazako non sorprende e non va confusa con l’altruismo. E’ autoconservazione. E ancora una volta si torna alla morte di Karimov, a tutto quello che è successo dopo. Il piano di transizione in Uzbekistan, secondo Gabuev, andava già avanti da alcuni anni, almeno due anni e mezzo. E dal collega uzbeko, Nazarbayev aveva imparato che morire in carica è molto rischioso, soprattutto per i familiari. Le prime mosse verso le transazioni erano state la nomina di Karim Masimov a capo dell’agenzia di sicurezza interna, il Knb. Masimov aveva eliminato tutta la vecchia élite kazaka. Poi aveva riformato la Costituzione togliendo un po’ di potere al presidente e rafforzando il governo. Nazarbayev inoltre manterrà il suo ruolo nel Consiglio di sicurezza che dal 2018 invece è un po’ più forte. Nazarbayev in realtà al potere non ha rinunciato, non sarà più presidente, ma rimarrà influente.