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Il Gran débat di Macron ha smesso di essere una rincorsa dei gilet gialli

Paola Peduzzi

Il capo dell’Eliseo ha cambiato tono e temi del discorso pubblico francese e la piazza decide di imitare il suo format. Le performance “sportive”

Milano. Emmanuel Macron “adora il format” del “grand débat national”, fa sapere l’entourage del presidente francese, vuole continuare, vuole che diventi un appuntamento regolare, fisso, il suo modo di parlare alla Francia e ai cittadini, tanti temi affrontati occhi negli occhi – speriamo solo che accorci un po’ i tempi degli incontri, fa sapere qualcuno parlando con i giornalisti, così “è tutto troppo lungo!”. Dopo le prime “performance sportive”, come sono state soprannominate le maratone di sette ore di chiacchiere pubbliche, ché ci vuole il fisico per certe prestazioni, Macron ha avuto giovedì un colloquio con i sindaci e gli esponenti politici del dipartimento della Drôme, nel sud-est della Francia. Non c’era la diretta e non c’erano i cittadini, il suo pubblico, e così , sorpresa!, il presidente si è presentato a un incontro preparato dal sindaco di una cittadina: “Scusatemi se mi sono autoinvitato”, ha esordito Macron, prima di cominciare la performance, questa volta ovviamente pubblica e ben in mostra sui social.

 

Questa dimensione di rapporto con i cittadini è perfetta per il presidente in crisi di consenso e alla caccia di un rimbalzo di popolarità per contrastare la forza dei gilet gialli (amplificata dai sostenitori internazionali del variegato e radicale popolo catarifrangente): è una terza via, la sua terza via, tra la piazza vociante e il palazzo, il punto di ristoro del macronismo in marcia. Secondo i sondaggi, la strategia è azzeccata: cinque punti di popolarità recuperati nel giro di una settimana, dice un sondaggio Ifop/JDD, mentre i suoi rivali politici sostengono che, sorridente e tonico, il presidente si sta costruendo la campagna elettorale del 2022, a spese dello stato per di più.

 

Le critiche sono ovunque: c’è chi dice che invece che ascoltare i francesi Macron impone le sue idee ai francesi; c’è chi si lamenta perché le periferie popolari non sono nemmeno prese in considerazione come eventuale sede di débat; c’è chi – come il Nobel per l’Economia Jean Tirole – sostiene che questo format aumenta demagogia e polarizzazione, altro che ponte tra piazza e palazzo. L’elenco si arricchisce di nuovi spunti a ogni appuntamento – il prossimo pare sarà il primo febbraio – e questo è forse il segnale più evidente del fatto che il presidente potrebbe aver azzeccato la strategia. Finché la protesta dei gilet gialli ha avuto tutto lo spazio pubblico per sé, il governo francese è sembrato sulla difensiva e spaventato (oltre che comunque fallace, sia che concedesse qualcosa alla piazza sia che non lo facesse), e la retorica da presa della Bastiglia invadeva i social, con Macron chiuso nel suo Eliseo dorato, come un re cui non si può che augurare la ghigliottina (su quel che è stato detto e scritto sulla regina, Brigitte, è meglio soprassedere: questi gilet gialli, e i loro sostenitori, fanno diventare femministe anche le piante). Poiché la piazza francese non ha più a che fare con la legittima colère per il prezzo del carburante aumentato, dentro a quel palazzo ci sono finiti tutti: Macron e gli europeisti liberali, asserragliati insieme. Sopravvivere lì dentro non sarebbe stato facile, il presidente ha deciso di aprire la porta, ma per fare cosa: rincorrere la rabbia o ammaestrarla? Prima di lui la questione se la sono posta molti altri, in Italia, in Europa e oltre (Justin Trudeau, premier canadese, fece un tour che a prima vista sembrava un autoboicottaggio e invece si rivelò prezioso), e ancora una risposta secca non c’è: il “grand débat” è nato per rincorrere, per sfondare il confine tra popolo ed élite sul quale sembra svolgersi ormai tutta la vita politica contemporanea, dopo che la rivolta popolare aveva assestato colpi molto decisi. Ora sta diventando qualcosa di diverso, più autonomo, dipendente certo dal personalismo jupitérien di Macron, ma meno affannato, meno disperato. E le rifome del macronismo prendono vita, se ne parla, se ne discute, forse persino si prova a comprenderle: in vista delle elezioni europee, il fronte che fa capo a Macron potrebbe recuperare fiato con questo débat, che per la prima volta cambia il tono e i temi del discorso. Tre giovani ingegneri francesi hanno lanciato una piattaforma che permette di partecipare al débat attaverso i messaggi di Facebook, mentre i gilet gialli hanno annunciato che faranno degli incontri notturni di piazza, fermi. Un dialogo con i manifestanti, che sa di grand débat giallo: forse i catarifrangenti si sono accorti che qualcosa da spiegare ce l’hanno pure loro.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi