Theresa May (foto LaPresse)

La May continua a tergiversare

Cristina Marconi

Il piano B sulla Brexit è troppo simile al piano A

Londra. Westminster come lo speakers corner di Hyde Park, con Theresa May in piedi sulla panchina più alta a ripetere in eterno lo stesso messaggio, nella speranza che a un certo punto, complice la fretta, i deputati si convincano che ha ragione lei. Oggi (21 gennaio ndr) ha annunciato il suo piano B che, come sospettato, somiglia molto al piano A, ossia un dialogo tra sordi in cui la feticizzazione della questione irlandese – importantissima, per carità, come la bomba a Derry di sabato scorso dimostra – sta sostituendo un dibattito serio e di ampia portata sul futuro del paese: il no deal non si può escludere a priori bensì solo votando per l’accordo sul tavolo, il secondo referendum sarebbe nocivo per una serie di ragioni che vanno dai venti indipendentisti in Scozia al fatto che bisognerebbe chiedere l’estensione dell’articolo 50 e mandare degli eurodeputati a Strasburgo, senza considerare che un passo del genere “danneggerebbe la coesione sociale minando la fiducia nella nostra democrazia”. A dire il vero, non c’è neanche “una maggioranza per un secondo referendum”, secondo Theresa, che ha confermato di guardare sempre dallo stesso lato e di essere ancora convinta che avere dalla sua parte i bulletti del Dup nordirlandesi e gli “champagne euroskeptics” dell’Erg di Jacob Rees-Mogg la renderà più forte, anche se sono due anni e mezzo che questa strategia non la porta da nessuna parte.

 

Tanto più che da Bruxelles iniziano a esserci segni di nervosismo, soprattutto dopo che il ministro degli Esteri polacco Jacek Czaputowicz ha cantato fuori dal coro dicendo che si potrebbero offrire cinque anni di termine per la clausola di salvaguardia per l’Irlanda. Da Dublino è arrivato un coro di no, mentre il negoziatore capo Ue, Michel Barnier, non solo ha ribadito che quello sul tavolo è “il migliore accordo possibile” ma, con uno sguardo al futuro che a Londra nessuno ha in questo momento, si è chiesto se non sarebbe più saggio pensare a negoziare una relazione futura “più ambiziosa” di quella contenuta nel documento già approvato. Ma la May di fare come dice Barnier e tenere presente che “una larga maggioranza vuole escludere la hard Brexit, nell’interesse del Regno Unito e oltre” non ha, apparentemente, nessuna intenzione. Quando Dominic Raab le ha chiesto di dichiarare se vuole o meno allungare i tempi con Bruxelles in modo da dare “certezza alle imprese”, lei non ha risposto, tornando a ribadire il suo impegno di far approvare l’accordo per uscire il 29 marzo, come promesso.

 

L’unico annuncio concreto del ‘Giorno della Marmotta’, sempre uguale ai precedenti, ha riguardato i 3 milioni di cittadini europei nel paese, che da ieri possono usufruire del nuovo sistema di registrazione per il “settled status” con cui hanno diritto di restare a tempo indeterminato: non dovranno più pagare le 65 sterline di tassa e chi li ha già fatto verrà rimborsato, timido ramoscello d’ulivo teso a Bruxelles e agli stranieri che contribuiscono all’economia. La May, che ha anche detto che non toccherà gli accordi del Venerdì Santo (e ci mancherebbe), ha recitato ancora una volta il suo ruolo da donna responsabile e ha promesso di mettere tutto questo su carta in una mozione emendabile da votare il 29 gennaio, la settimana prossima. “Parla come se avesse perso per 30 voti, non per 230”, ha messo in evidenza la sempre lucida Yvette Cooper, la quale ha anche vigorosamente suggerito di far votare il Parlamento sulle “linee rosse” e in particolare sulla possibilità di restare nell’unione doganale. Una pax norvegese che qualche chance ce l’ha e pazienza che indispettirebbe i Brexiteers, sempre loro: Amber Rudd, ministro del Lavoro, da sempre considerata lealissima nei confronti della May pur essendo dichiaratamente pro remain, ha fatto presente come nel governo tra i 25 e i 40 sottosegretari sarebbero pronti a dimettersi se non fosse data loro la possibilità di votare per l’emendamento Cooper e contro il no deal. Sembra un attacco alla May, ma guardando bene potrebbe essere un assist fondamentale: Jacob, Boris, non esistete solo voi, i Tories si possono spaccare pure dall’altra parte.

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