I giorni della Kondo. L'America in shutdown ipnotizzata da una giapponesina

Daniele Raineri

Ordine nuovo e nuovo ordine. La Kondo è l’eroina del dipendente vittima della politica che tenta di pagare l’affitto o anche soltanto di passare il tempo in puro stile KonMari

New York. “Where have you gone Joe di Maggio, our nation turns its lonely eyes to you, uh uh uh!”, cantavano Simon & Garfunkel nel 1968 a proposito dell’eroe del baseball. Siamo persi e ci vuole qualcuno che ci faccia da guida era il significato di quel verso, anche se poi quando Di Maggio incontrò i cantanti in locale di New York era perplesso: “Perché chiedete dove sono andato, sono sempre stato qui, non sono andato da nessuna parte”. Oggi l’America guarda a Marie Kondo, la specialista giapponese che su Netflix ti insegna come sgombrare casa dai vestiti e dalle cianfrusaglie, ed è tutto un incrociarsi di simbolismi. C’è lo shutdown del governo più lungo della storia e ci sono centinaia di migliaia di dipendenti federali tenuti a casa senza stipendio (e senza sapere quando la condizione finirà, perché a questo punto il presidente Trump ha trasformato in un punto d’onore lo stallo contro i democratici) e sui giornali ci sono articoli che spiegano che molti per far quadrare i conti di casa si sono messi a vendere la roba che non gli serve. La Kondo è l’eroina del dipendente vittima della politica che tenta di pagare l’affitto o anche soltanto di passare il tempo in puro stile KonMari, che è il metodo spietato della giapponese, quello che è indispensabile si tiene e quello che oggi ci sembra orrendo si vende, si regala o si butta. Tradotto nella lingua Kondo: quello che ancora ci regala una scintilla di gioia lo teniamo, il resto lasciamo che passi la sua energia ad altri. A Washington qualche consignment store, i negozi dove puoi esporre la tua roba in vendita fino a quando qualche cliente se la porta via, ha visto raddoppiare gli arrivi (non le vecchie scarpe da ginnastica: un abito da cocktail usato una sera soltanto). Non ci sono soltanto dipendenti federali scontenti, ovviamente: la specialista ha un seguito ipnotizzato, ha raddoppiato i suoi settecentomila follower su Instagram che aveva prima della trasmissione, sui social girano foto di neoconvertiti che svuotano cassetti con zelo. Anche gli enti di beneficenza che raccolgono vestiti usati segnalano la stessa cosa: ci arriva un sacco di roba.

 

Tra i simbolismi che contribuiscono al kondoismo c’è il giorno scelto da Netflix per lanciare il programma, il primo di gennaio, quando siamo tutti più vulnerabili alle risoluzioni, e siamo drastici, e l’idea di svuotare gli armadi e fare la cernita della roba ancora mettibile e farci spiegare da una giapponese come piegare le magliette in modo da farne stare venti in un cassetto sembra sensata. C’è Trump, che come dice il comico Stephen Colbert, ha appena “fatto il trattamento Marie Kondo al governo federale” – sta lasciando a casa tutti i dipendenti che non sono indispensabili. Anzi Colbert dice che Trump ha “mariekondo’ed” il governo, che vuol dire “sbarazzarsi finalmente delle cose che si ritengono inutili”, e la trasformazione del nome in verbo sarebbe il segno più definitivo del successo (vedi googlare).

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)