Marie Kondo

L'arte del riordino

Mariarosa Mancuso
Anche Marie Kondo avrà la sua serie tv, ci mancherebbe. Una vera sitcom, già commissionata dalla Nbc a Erica Oyama e Greg Malins: episodio dopo episodio, la protagonista cercherà di mettere in ordine la propria vita.

Anche Marie Kondo avrà la sua serie tv, ci mancherebbe. Una vera sitcom, già commissionata dalla Nbc a Erica Oyama e Greg Malins: episodio dopo episodio, la protagonista cercherà di mettere in ordine la propria vita. Chi ha vissuto l’anno scorso su un altro pianeta, quindi si è lasciato sfuggire i best-seller dell’estate, sappia che Marie Kondo è diventata miliardaria insegnando a mettere ordine nei cassetti. “Il magico potere del riordino” (Vallardi) è il titolo del suo manuale, che naturalmente promette benefici irraggiungibili con il Prozac, lo yoga, le tisane, la meditazione, la dieta senza glutine, la cura dell’acqua pura (l’altro best-seller era “L’intestino felice”, da Sonzogno).

 

Una serie con la protagonista che mette ordine nei cassetti (già esistono i video del riordino su internet, esilaranti: non si capisce cosa possano aggiungere gli sceneggiatori per quanto bravi siano) fa tornare in mente l’annuncio estivo di John Landgraf, amministatore delegato della tv via cavo Fx. In sintesi: “Nel 2015 erano a disposizione dello spettatore 370 serie, nel 2016 saranno quasi 400. Troppe, dobbiamo cominciare a pensare che la seconda Golden Age televisiva americana abbia raggiunto il suo picco”. E che quindi comincerà il declino, magari non nel 2016, ma dobbiamo aspettarlo, più prima che poi.

 

Troppa tv. E troppa tv interessante, come già aveva capito lo spettatore che si trova a dover scegliere tra un binge watching e l’altro (pochi hanno la pazienza di rispettare le scadenze settimanali quando ci sono, sulle nuove piattaforme non esistono più). Come aveva intuito il fan che delle serie ama chiacchierare, e non trova più nessuno per farlo. Ognuno guarda la sua serie preferita, con scarsissimo interesse per quel che appassiona gli altri. Le visioni collettive con crostata di ciliegie quando andava in onda “Twin Peaks” sono ormai lontanissime. Come appare ormai remoto “Lost”: se uno non l’aveva mai vista si incuriosiva. Alla macchinetta del caffè se ne parlava, si facevano ipotesi e si cercava di capire se l’incidente aereo fosse vero o un limbo.

 

A Fx dobbiamo “Louie” con Luis C. K., “Fargo” (due stagioni finora, altrettante variazioni sul film dei fratelli Coen) e “Baskets”, con Zack Galifianakis che fa il clown, e solo all’idea scatta l’applauso. Dopo le prime critiche, Mr Profeta di Sventura ha rincarato la dose: “E’ come giocare al gioco dei quattro cantoni, e qualcuno sta portando via le sedie”. Il tempo a disposizione degli spettatori è una risorsa limitata, non estendibile a piacimento.

 

[**Video_box_2**]Bisogna aggiungere la preoccupazione per la qualità dei prodotti: neanche il talento è estendibile a piacimento, nessuno sceneggiatore bravo lavora più al cinema, i romanzieri non puntano più al grande schermo ma allo schermo piccolo (finora non si registrano casi di manifesta incompatibilità, come accadde quando William Faulkner andò a Hollywood). Non bastasse, farsi notare tra decine e decine di proposte è sempre più difficile (Marie Kondo proporrebbe un sacco nero e la domanda “ti rende felice?”: se il calzino spaiato non ti dà gioia, buttalo nella spazzatura). 

 

Nel caso la funesta previsione di Jack Landgraf si avverasse – speriamo di no, ma certo tenere questi ritmi produttivi sarà difficile – il critico del New Yorker Emily Nussbaum ha già pronta l’etichetta: “Età del caramello”. Dal metallo prezioso dei “Soprano” allo zucchero cristallizzato di “Transparent”.

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