Theresa May tiene un discorso alla Camera dei Comuni di Londra (foto LaPresse)

La democrazia rappresentativa vince

Redazione

Sulla revoca dell’articolo 50 per la Brexit deciderà Westminster: è una buona notizia

La Corte di giustizia dell’Unione europea ha piazzato una bomba politico-giuridica sotto il banco del governo di Theresa May alla Camera dei Comuni. A meno di una settimana dal “voto significativo” su cui si giocano le sorti dell’accordo Brexit e dello stesso premier britannico, l’avvocato generale della Corte europea, Manuel Campos Sánchez-Bordona, ha stabilito che il Regno Unito ha tutto il diritto di revocare in modo unilaterale l’uscita dall’Ue senza dover chiedere il permesso agli altri 27 stati membri. Il parere non è vincolante per la Corte Ue ma, poiché la sentenza definitiva sull’articolo 50 arriverà tra qualche settimana, priva la May del suo argomento più forte in vista del voto dell’11 dicembre: o il mio accordo o il caos del no deal. Al di là delle tattiche, il parere ha un valore ben più ampio: è una vittoria del diritto sulla ragion politica e della democrazia rappresentativa sul plebiscitarismo populista.

 

I governi europei e la commissione avevano sostenuto l’irrevocabilità dell’articolo 50, salvo l’unanimità degli stati membri, per rafforzare la posizione della May. L’Avvocato generale ha risposto che una procedura unanime per revocare l’uscita dall’Ue aumenterebbe il rischio che lo stato membro sia costretto ad andarsene contro la sua volontà: il Regno Unito ha il diritto di cambiare idea sulla Brexit, altrimenti sarebbe la dittatura del veto. E’ su questo che la democrazia rappresentativa “riprende il controllo” dal demagogismo: il parere riconosce che sono i Comuni ad avere l’ultima parola sulla retromarcia Brexit, esautorando di fatto il governo e l’immutabilità del referendum. Le procedure costituzionali britanniche impongono l’autorizzazione parlamentare per notificare il ritiro e dunque è “logico” che anche la revoca richieda l’approvazione del Parlamento. Così l’impalcatura su cui May ha costruito il suo accordo scricchiola, ora tocca ai rappresentanti eletti del popolo assumersi le loro responsabilità. Malgrado il rischio di un’uscita disordinata, è una buona notizia.