Bob Woodward (foto LaPresse)

Crazy Casa Bianca

Daniele Raineri

Woodward scrive che lo staff di Trump ruba i documenti per non farli firmare. L’avvocato: “E’ un idiota”

New York. Il Washington Post pubblica alcuni episodi tratti da “Fear”, il nuovo libro scritto da Bob Woodward che uscirà l’11 settembre e descrive la Casa Bianca terribilmente disfunzionale e paranoica del presidente Donald Trump con espressioni come “colpo di stato amministrativo” ed “esaurimento nervoso”. Woodward è un giornalista molto apprezzato per il lavoro meticoloso d’indagine che fa prima di scrivere i suoi libri e per la consultazione incrociata di centinaia di fonti, documenti e interviste che rendono difficile da smentire quello che racconta. E’ probabile che salteranno alcune teste ora, prima di tutte quella del capo dello staff di Trump, l’ex generale dei marine John Kelly, che in un incontro di lavoro ha detto ad alcuni colleghi che il presidente “è fuori di testa, è un idiota, non ha senso tentare di convincerlo di qualcosa, ha sbroccato. Siamo in un manicomio. Non so nemmeno perché siamo qui. E’ il peggior lavoro che abbiamo mai avuto”. E quando il capo dei consigliere economici della Casa Bianca, l’ebreo Gary Cohn, presenta una lettera di dimissioni perché è a disagio dopo la parata dei suprematisti bianchi a Charlottesville che la Casa Bianca condanna con parole troppo ambigue, Kelly gli chiede di resistere perché anche lui avrebbe voluto scrivere una lettera di dimissioni e avrebbe voluto “ficcarla su per il culo almeno già sei volte” a Trump.

 

Cohn secondo il libro è un esponente molto importante di una scuola di pensiero interna all’Amministrazione Trump che pensa che gli affari correnti del paese debbano essere protetti con discrezione dal presidente (il “colpo di stato amministrativo” già menzionato). Quando viene a sapere che Trump vuole uscire da un trattato di libero scambio con la Corea del sud – perché ha una mania protezionistica e però non tiene in conto le conseguenze per il paese – fa sparire il documento dalla scrivania di Trump prima della firma. 

 

Il presidente non se ne accorge, tutto va avanti come se nulla fosse. Quando il segretario dello staff Rob Porter è preoccupato perché Trump si è fissato con l’uscita dal Nafta (l’accordo di libero scambio dei paesi del Nord America), Cohn gli dice: “Ci penso io”, e fa di nuovo sparire il documento. Che è probabilmente la ragione per cui i negoziati sul Nafta sono ancora in corso.
Anche Mattis, il capo della Difesa, ha quest’attitudine che è insubordinazione ma anche un tentativo di temperare le decisioni troppo irruente di Trump. Nell’aprile 2017, dopo l’attacco chimico in Siria che uccise un centinaio di persone vicino Idlib, il presidente dette l’ordine di uccidere il rais siriano Bashar el Assad: “Ammazziamolo cazzo! Facciamoci valere! Ammazziamone un bel po’”, disse al telefono a Mattis. Il capo della Difesa rispose che ci avrebbe lavorato subito, ma dopo aver riagganciato disse al suo staff: “Non faremo niente di tutto questo, saremo molto più misurati” e fece preparare alcune opzioni militari per una rappresaglia contenuta.

 

Trump se la prende di continuo con il suo esecutivo. Imita l’accento del sud del suo ministro della Giustizia, Jeff Sessions, e dice che “è un ritardato mentale, non sarebbe buono nemmeno come avvocaticchio di campagna in Alabama”. Ai suoi diceva di non fare caso a Reince Priebus, che ha preceduto Kelly nel ruolo di chief of staff. “E’ un piccolo ratto che sgambetta qui in giro”. Soprattutto è innervosito dall’inchiesta del procuratore speciale Robert Mueller, che ha il compito di scoprire se c’è stata collusione con il governo russo. Per evitare che Trump smentisca se stesso e sia quindi dichiarato colpevole di fare dichiarazioni false il suo team di avvocati tenta di prepararlo con una simulazione di come potrebbe andare la prova, ma lui alla fine sbotta: “Non la voglio fare!”. Il capo della squadra, John Dowd, va da Mueller e dal suo vice a spiegare perché non farà testimoniare il presidente: “Non voglio sedermi qui e guardarlo mentre fa la figura dell’idiota. E quando la trascrizione dell’interrogatorio uscirà, perché a Washington esce tutto, i leader nel resto del mondo diranno ‘che idiota’. Ve l’avevo detto che era uno scemo totale. Perché dovremmo trattare con questo idiota?”.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)