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L'errore di Trump

Gianni Castellaneta

A Helsinki il presidente americano ha sconfessato il concetto stesso di occidente

Anche a Helsinki il “colpo di teatro” da parte di Donald Trump non è mancato: dopo lo storico summit di Singapore con Kim Jong-un, il presidente statunitense ha stretto la mano dello “zar” Vladimir Putin. Soltanto poche ore prima dell’incontro, Trump aveva affermato che “i rapporti tra Stati Uniti e Russia non erano mai stati peggiori”, attribuendo la colpa di questo deterioramento non alle azioni messe in atto da Mosca (invasione della Crimea, spionaggio e manipolazione del consenso elettorale) ma alle politiche dei suoi predecessori alla Casa Bianca. Il messaggio principale emerso dal summit da parte di Trump dunque è stato: “chi è venuto prima di me ha sbagliato, ora grazie alla mia amministrazione ci faremo rispettare dalla Russia e ricondurremo Putin a più miti consigli”.

 

Da un punto di vista della comunicazione politica, questo ragionamento sembra logico e potrebbe funzionare. Eppure, rivela le sue falle nel momento in cui Trump si illude – in maniera semplicistica e “orizzontale”– che il rapporto con Putin possa essere condotto in maniera simile a quello con Kim. La Russia non è la Corea del nord: è relativamente debole a livello economico e demografico, ma è una grande potenza a livello strategico e militare. L’influenza geopolitica di Mosca, che si estende dal Mediterraneo al Pacifico, non può essere tenuta “sotto controllo” da parte degli Stati Uniti con un semplice incontro conciliatore tra i due leader.

 

Un altro errore di fondo della strategia di Trump è quello di pensare di poter fare a meno dell’alleanza con l’Europa. Definendo l’Unione europea “un nemico”, il presidente Stati Uniti ha praticamente sconfessato il concetto stesso di occidente. Questa politica può sembrare razionale nel breve periodo: il bilateralismo di Trump è improntato al più classico “divide et impera” e si è concretizzato nei giorni scorsi con il plauso di “The Donald” ai fautori della Brexit più radicale in occasione del suo viaggio in Europa che lo ha portato prima a creare scompiglio in seno alla Nato e poi ad avere un vertice burrascoso con Theresa May. Nel lungo periodo, invece, questa strategia rischia solo di danneggiare non solo l’Europa, che potrebbe trovarsi scoperta dallo “scudo” militare atlantico, ma anche gli Stati Uniti, che hanno bisogno di una solida alleanza con l’Ue per poter bilanciare la Russia nel proprio “giardino di casa”, che è appunto la regione eurasiatica.

 

Le sfide regionali che ci attendono

Ci troviamo invece in una situazione quasi paradossale per cui sia proprio Putin ad apparire come il difensore degli stati europei, mentre l’alleato di sempre sembra intenzionato a scompaginare Nato e Ue e a consigliare il Regno Unito di fare causa a Bruxelles. L’auspicio è che dietro a queste pericolose semplificazioni di natura mediatica l’incontro di lunedì con Putin possa portare invece a risultati concreti che portino le due potenze ad affrontare in maniera congiunta le crisi internazionali in atto. Sul tavolo abbiamo problemi da risolvere che toccano tutti gli stati europei e in particolare l’Italia, posta dalla geografia al crocevia di crisi politiche ed economiche sulla faglia di un mondo che rischia di spezzarsi. Vi sono i problemi della sicurezza globale, dal trattato Inf a quello Start, e quelli della sicurezza regionale che coinvolge principalmente l’area mediorientale. Senza contare poi i problemi economici, dalla guerra doganale alle sanzioni imposte alle imprese che fanno affari con la Russia. Difficile che da un solo incontro possano scaturire decisioni chiare e definitive. Non basta tuttavia una photo opportunity per definire il successo di un vertice: servirà impegno concreto e duraturo da parte di entrambi i leader, Trump in primis.

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