Amber Rudd (foto LaPresse)

Theresa May perde un altro ministro: si dimette Amber Rudd

Paola Peduzzi

La titolare dell'Interno via dopo le polemiche sulla gestione dei migranti extraeuropei. È il quinto membro del governo che lascia l'incarico negli ultimi sei mesi

Amber Rudd, ministro dell’Interno britannico, si è dimessa ieri sera, quinto membro del governo di Theresa May a lasciare l’incarico negli ultimi sei mesi.

 

Le dimissioni della Rudd sono molto rischiose per la May per una serie di motivi. Il primo ha a che fare con la motivazione dell’uscita del ministro: l’immigrazione. Il tema è delicato - non soltanto nel Regno Unito, come sappiamo - perché mostra le vulnerabilità di un esecutivo non solido alle prese con un’insofferenza nei confronti degli immigrati che ha ragioni antiche (se si guarda indietro vent’anni, si vede chiaro che i ministri dell’Interno hanno un tasso di dimissioni alto) e recentissime, come la gestione della Brexit che è stata determinata in gran parte dalla questione dei migranti.

 

Nella fattispecie, si tratta dei migranti extraeuropei delle ex colonie dell’Impero britannico, la cosiddetta generazione Windrush, dal nome della Empire Windrush una nave che, in seguito a una legge del 1948 (il governo era laburista), portava migranti dai paesi del Commonwealth per aiutare il Regno Unito nella ricostruzione post Seconda guerra mondiale. La Windrush faceva parte di una flotta chiamata Empire X, dove X rappresenta un fiume inglese, a dimostrazione del fatto che il flusso di persone chiamate in aiuto affluiva nello stesso fiume comune. Con quell’atto si stabiliva anche che chi arrivava avrebbe ottenuto una cittadinanza speciale - Citizenship of the United Kingdom and Colonies - che consentiva di rimanere nel Regno Unito per tutta la vita, e per la vita dei discendenti. Non erano necessari documenti ufficiali, il governo non li chiese: erano cittadini perché si sentivano britannici al punto da lasciare le loro terre per rispondere all’appello di Londra. L’assenza dei documenti non è stata un problema finché il governo inglese non ha dovuto studiare e contenere i numeri dell’immigrazione extraeuropea: da quel momento in poi non avere i documenti che dimostrassero l’appartenenza alla generazione Windrush è diventato motivo di disperazione - e di minacce di deportazione. Oggi è necessario dimostrare di essere arrivati nel Regno prima del 1973, quando iniziarono controlli e restrizioni, e di aver vissuto in modo continuativo nel paese. 

 

Poiché la May, prima di essere premier, era ministro dell’Interno, questa disperazione la riguarda. Il governo Cameron di cui faceva parte decise di ridurre drasticamente - da centinaia di migliaia a decine di migliaia - l’immigrazione e per farlo introdusse misure molto rigide che vengono applicate ancora oggi. Dimostrare l’indimostrabile è diventato un tormento (i documenti non ci sono), e il governo inglese ha anche dichiarato di aver volutamente creato un “ambiente ostile” all’immigrazione per disincentivarla, con la prevedibile conseguenza che i casi limite - come quello dei Windrush, che sono un numero imprecisato di persone: si è molto bravi a costruire i tetti ma non si conoscono spesso le dimensioni delle fondamenta - sono diventati problematici. Ieri il Guardian, che da giorni raccoglie testimonianze strazianti, ha pubblicato la lettera che dimostra che il governo si era posto un obiettivo chiaro per le deportazioni da effettuare: la Rudd e la May, pur scusandosi per l’ambiente ostile, non avevano mai confermato l’esistenza del documento. 

 

Il passo per le dimissioni - richieste da giorni dal Labour, compreso il sindaco di Londra, Sadiq Khan - a quel punto è stato breve, anche se soffertissimo: la Rudd, moderata e competente, ambiva a utilizzare l’incarico per arrivare sempre più in alto (il suo nome circola spesso come possibile alternativa alla May) e ha cercato di resistere fino all’ultimo. La May, che è sospettosa un po’ con tutti, avrebbe probabilmente preferito tenere il ministro come scudo, ché il filo dello scandalo porta dritto a lei. 

 

Tutti i commentatori hanno sottolineato ancora una volta l’incapacità di questo premier di gestire le emergenze: si dice che lei ami più la sostanza che lo spin, ma ha avuto parecchie occasioni per tamponare lo scandalo, e non ne ha colta nemmeno una. Ora si ritrova infragilita, con una nemica in più (il loro rapporto non è mai stato roseo) e con la necessità di trovare un sostituto che dia seguito alle scuse fatte finora ma che sappia allo stesso tempo garantire quel contenimento dell’immigrazione che gli inglesi, spesso troppo allarmati, pretendono. Oggi si saprà su chi vuole puntare la May.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi