Il rapper Farid Bang, autore insieme a Kollegah dell'album vincitore. I due si paragonano nella loro canzone ai prigionieri dei campi di sterminio. Foto LaPresse

La rivolta agli Oscar della musica tedeschi, che premiano rapper antisemiti

Mauro Zanon

Il celebre violinista Capuçon, il direttore d'orchestra Barenboim e altri hanno restituito i loro Echo Preis per protesta

Parigi. La stampa tedesca grida allo scandalo. E i responsabili degli Echo Awards, gli Oscar della musica in Germania, non sanno più che scuse trovare per difendersi. Il celebre violinista francese Renaud Capuçon ha deciso di restituire i suoi Echo Preis per denunciare l’assegnazione della prestigiosa ricompensa a due rapper autori di canzoni antisemite. “Ho deciso di restituire i miei premi Echo per protestare contro l’attribuzione di questo riconoscimento a un gruppo rap i cui testi sono razzisti, antisemiti e non meritevoli della dignità umana”, ha spiegato Capuçon in un comunicato pubblicato su Twitter e Facebook. “Ogni forma d’arte, compresa naturalmente la musica, deve essere al servizio della riconciliazione tra i popoli, del dialogo tra le culture e del rispetto di ognuno”, ha aggiunto il musicista di 42 anni, originario di Chambéry.

  

La protesta rumorosa di Capuçon è arrivata poche ore dopo quella di Daniel Barenboim, direttore d’orchestra e pianista argentino-israeliano, che lunedì ha attaccato l’album vincitore, contenente dei testi “apertamente antisemiti, misogini, omofobi”. Il direttore della Staatskapelle di Berlino e della West-Eastern Divan Orchestra ha inoltre sottolineato che “gli interessi commerciali non devono sostituire la decenza e l’umanità”. I due rapper, Farid Bang, nato a Melilla da genitori marocchini, e Kollegah, originario di Friburgo, hanno venduto in Germania più di 200mila copie del loro album “Jung, brutal, gutaussehend 3” (giovane, brutale e bello 3), all’interno del quale si paragonano ai prigionieri dei campi di sterminio nazisti. Nella canzone 0815, i due idoli della gioventù multikulti tedesca cantano: “Faccio un nuovo Olocausto, vengo con la molotov” e “Il mio fisico è più scolpito di quello dei detenuti di Auschwitz”.

  

  

  

E’ inquietante pensare che questa roba possa essere in cima alle vendite in un paese ossessionato dal suo passato nazista come la Germania, ma per certi versi non sorprende, visto il pesante clima di antisemitismo che si respira in questo momento a Berlino. Farid Bang e Kollegah si sono difesi dalle accuse, promettendo biglietti gratuiti per i loro concerti ai loro fan di confessione “ebraica” (sic!).

  

“In Germania, ormai, si ottengono delle ricompense quando si disprezzano le donne, si esalta la violenza e ci si fa beffa delle vittime di Auschwitz”, ha detto alla Bild il presidente del World Jewish Congress Ronald Lauder. “Che i responsabili dell’industria musicale accordino il loro consenso a dei testi simili, col pretesto che si tratti di arte e di libertà d’espressione, è scandaloso”, ha reagito il presidente del Consiglio centrale degli ebrei di Germania Josef Schuster. Il Comitato internazionale di Auschwitz, prima ancora che Farid Bang e Kollegah ricevessero l’Echo Awards come migliori artisti rap, lo scorso 12 aprile (tra l’altro, giornata di commemorazione internazionale della Shoah scelta dall’Onu), aveva qualificato la loro presenza sulla scena musicale come uno “schiaffo rifilato ai sopravvissuti dell’Olocausto”. Come Capuçon, ricompensato quattro volte con gli Oscar della musica tedesca, e Barenboim, che di statuette ne ha ricevute sette, hanno restituito il premio anche il cantante Marius Müller-Westernhagenm, il produttore Klaus Voormann, il direttore d’orchestra Enoch zu Guttenberg e il pianista Igor Levit. “Un premio che mette le vendite al di sopra di tutto e che, il giorno in cui si ricorda la Shoah, diffonde in diretta un programma che si prende gioco delle vittime del Terzo Reich, diventa un simbolo di cinismo a cui non possiamo sottostare”, ha fatto sapere l’orchestra sinfonica della Cappella di stato sassone di Dresda, diretta da Christian Thielemann.

  

Le denunce di artisti pluripremiati, accompagnate dalla condanna del ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, si iscrivono in un contesto molto particolare a Berlino, in cui la questione dell’antisemitismo, specie se islamico, occupa un posto centrale nel dibattito. E’ la stessa situazione che vive la Francia, la patria di Capuçon, dove però l’antisemitismo islamico sembra ancora essere un tabù.

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