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L'intrigo brasiliano attorno al processo Lula

Angela Nocioni

L’intera politica brasiliana è ferma in attesa della decisione dei giudici. La battaglia sotterranea all'interno del Partito dei lavoratori (Pt)

La campagna elettorale per le presidenziali brasiliane del prossimo ottobre è appesa a una sentenza del tribunale di Porto Alegre. Nella capitale dello Stato del Rio Grande do Sur si apre oggi, 24 gennaio, il processo d’appello all’ex presidente della repubblica Lula Da Silva, condannato in primo grado dal giudice Sergio Moro della procura di Curitiba a nove anni e sei mesi di carcere per corruzione passiva e riciclaggio.

 

  

L’intera politica brasiliana è ferma in attesa dell’esito del processo. Non solo il Partito dei lavoratori (Pt), il partito fondato da Lula, ma l’intera opposizione aspettano la decisione dei tre giudici del secondo grado per stabilire come presentarsi alle elezioni. Se l’appello confermasse la sentenza di primo grado, scatterebbe per Lula la sospensione del diritto all’elettorato passivo. La sua candidatura alle presidenziali, alle quale è dato ancora come favorito da tutti i sondaggi, sarebbe quindi stracciata. Inoltre potrebbe scattare l’arresto per Lula. Ma solo se l’eventuale giudizio di condanna fosse unanime.

  

Il Superiore tribunale di giustizia ha infatti fatto sapere che se ci fosse anche un solo voto contrario, l’appello non potrebbe essere considerato concluso, quindi Lula non potrebbe essere arrestato.

  

Gli avvocati di Lula dicono di aspettarsi una condanna, ma non unanime. In questo caso la candidatura non potrebbe essere sospesa e tornerebbe in superficie la guerra, finora rimasta sotterranea dentro il Pt, tra i lulisti convinti di avere lui come unico candidato possibile e i non pochi che ammettono a mezza bocca di considerare invece Lula ormai “una carta truccata”.

 

Nella riunione della direzione nazionale del partito a San Paolo, l’ex presidente Dilma Rousseff, capofila al momento dei lulisti, ha detto: “La partita è tutta puntata a buttar fuori Lula dalla disputa elettorale. Non dobbiamo far passare come ovvio il fatto che si stia usando questa nuova arma legale. Dobbiamo discutere tanto la condanna giudiziaria quanto quella politica. Si tratta di una ingiustizia clamorosa. Di una persecuzione politica”.

 

 

A Porto Alegre tutto è pronto per il grande show. Lula è arrivato due giorni fa e ha già detto che Sergio Moro dovrebbe essere “esonerato per il suo modo di agire”. In città sono state organizzate manifestazioni dei suoi sostenitori. Sem terra compresi, che prevedono di arrivare “in massa”. La difesa ha chiesto ai giudici di ascoltare l’ex presidente prima di pronunciarsi.

 

La condanna che dovrà esaminare il tribunale di Porto Alegre nasce dai lavori per la ristrutturazione di un attico, in una località balneare del litorale di San Paolo. Quella ristrutturazione, secondo il giudice Moro, nasconderebbe il pagamento di una tangente di 3,7 milioni di reais brasiliani, circa un milione di euro, da parte di una impresa di costruzioni, La Oas, beneficiata dal sistema di tangenti di cui Lula era, secondo l'accusa, perfettamente a conoscenza.

 

La difesa dell’ex presidente contesta, tra moltissimi rilievi, il fatto che la proprietà di quell’appartamento non può esser fatta risalire a Lula in alcun modo visto che non esiste un documento di proprietà, un atto di compravendita, nulla. Moro risponde che “nei reati di riciclaggio il giudice non può attenersi unicamente alla titolarità formale dei beni” sostenendo che quell’attico fosse di fatto a disposizione dell’ex presidente. Che, però, non l’ha mai abitato nemmeno per un giorno.

 

Per gli avvocati di Lula l’appello potrebbe decidere di escludere la corruzione passiva e di condannare invece Lula per un reato minore, traffico d’influenze, che non prevede l’arresto. Ma da Porto Alegre potrebbe anche arrivare un assist per Lula. Visto che c'è chi ipotizza addirittura un'assoluzione piena. Dopotutto il tribunale d’appello di Porto Alegre è quello che passa in rassegna le sentenze della procura di Curitiba, emesse dal giudice Moro. E finora ha bocciato il 54 per cento delle sentenze emesse nell'ambito dell’inchiesta Lava Jato, la Mani pulite locale che sta processando per corruzione buona parte della classe dirigente brasiliana.

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