La partenza del treno Mortara-Chengdu

Il treno Mortara-Chengdu è la manifestazione della battaglia per l'Eurasia

Francesco Galietti

L'inaugurazione della linea merci e una domanda: quanto occidente rimane nel cuore della Russia?

L’inaugurazione della Mortara-Chengdu non ha mancato di far parlare di sé. Celebrata come prima vera propaggine dell’imponente fascio di connessioni tra Cina e occidente in Italia, la rotaia ha per il momento ha soppiantato la schiuma dei mari.

La notizia va poi letta in filigrana con l’inaugurazione di nuovi servizi di trasporto cargo tra la Cina centrale e Amburgo. A questo proposito, va notato che in molti casi i cinesi fanno uso di infrastrutture già esistenti. I collegamenti tra Wuhan e gran parte d’Europa sono ad esempio in uso dal 2012, e la “novità” talora consiste solo nell’aggiunta di una nuova tappa alla rotta originaria. D’altra parte, molti plessi urbani del “mainland” cinese sono ormai connessi all’Europa tramite rotaia: Chongqing e Chengdu nel sud ovest; Wuhan, Zhengzhou e Changsha nella Cina centrale; Shenyang nel nord est.

 

 

La vera notizia è duplice. Da un lato, l’insistente spinta verso ovest ha messo in rilievo la volontà di Pechino di bypassare le pre-esistenti e perlopiù obsolete infrastrutture russe (leggi: ex sovietiche) anche in Eurasia, cioè nel vicinato prossimo di Mosca. Dall’altro lato, avvicinandosi all’Europa dal fianco orientale, la Cina non fa scattare tra i membri del Gruppo di Visegrad gli atavici riflessi che invece si registrano quando a muoversi è Mosca. Anche quando il destinatario degli investimenti non è di per sé russofobo, come nel caso della Serbia, la Cina è benvenuta. Ciò in quanto le infrastrutture cinesi consentono un “upgrade” della sua economia tale da rendere più vicino l’accesso all’euroblocco.

 

Ne deriva un quadro per certi versi paradossale e inedito, in cui su un’area oltremodo vasta – dal Baltico, al mediterraneo al mar Nero – insistono al contempo le forze degli Stati Uniti, che hanno estremo interesse a presidiarvi pezzi della Nato in chiave anti russa (in un’area in cui il fervore cristiano resiste, come in Russia, ma che è russofoba per ragioni storiche), e della Cina.

 

Resta da vedere quanto a lungo possa continuare l’idillio tra Mosca e Pechino. Matrimonio di convenienza divenuto architrave di un magmatico ordine alternativo euro-pacifico a quello occidentale di matrice anglo-americana, il tandem sino-russo si troverà presto a fare i conti con un equilibrio interno di potere sempre più sbilanciato a favore di Pechino. La domanda definitiva dunque è: quanto occidente rimane nel cuore della Russia?

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