Le pareti intorno al Palazzo reale di Bangkok (foto LaPresse)

La morte del re thailandese e l'elaborazione del lutto

Su sfondo nero le pagine e le homepage dei quotidiani. Nero lo sfondo dei tg. Spente le insegne dei quartieri a luci rosse. La polizia vigila sul contegno pubblico, ma per sapere cosa sarà di Bangkok non resta che affidarsi agli indovini.

Bangkok. “La luce proviene a cascata dal Palazzo reale e la luce è ormai spenta. Ecco perché tutto è nero. Guarda gli schermi pubblicitari. Sono neri. La sola luce è il volto del re”. Così ha detto l’indovino che è la fonte del Foglio, uno di quei conoscitori di segreti che in Thailandia uniscono l’universo magico alla politica.

 

L’oscurità è piombata su Bangkok dopo la morte di Sua Maestà Rama IX, re Bhumibol Adulyadej, il 13 ottobre. Almeno nei primi giorni, il lutto (che si protrarrà per un anno), si manifesta in forma quasi parossistica. La maggior parte della popolazione veste in nero (o bianco, altro colore del lutto per gli asiatici). Gli stessi manichini degli showroom dei marchi del lusso globale sono vestiti in nero. Su sfondo nero le pagine e le homepage dei quotidiani. Nero lo sfondo dei tg. Spente le insegne dei quartieri a luci rosse come Soi Cow Boy. I suoi bar non avevano chiuso nemmeno durante gli scontri di piazza e i colpi di stato che si sono sussseguiti per oltre dieci anni. “Se continua così dovrò tornare nell’Isaan” dice Cat, una delle ragazze che ci lavorano e che, come la maggior parte, proviene dall’Isan, la regione più povera della Thailandia.

 


 


 

Il nero diviene oscuro in molti fenomeni che si accompagnano al profondo lutto. Come le intimidazioni a chi indossa colori accesi. “Il fatto è che ho solo una camicia nera e ormai è sporca”, si giustifica Somchai, un venditore ambulante. Dopo pochi giorni, infatti, gli abiti neri sono divenuti introvabili o venduti a prezzi esorbitanti. Tanto che il governo è intervenuto per evitare speculazioni e le banche di stato hanno annunciato la distribuzione di magliette nere agli otto milioni di cittadini registrati come poveri.

 



 

Le “guardie del lutto” come sono state chiamate, continuano comunque a vigilare affinchè i cittadini mantengano un corretto contegno pubblico (comprendendo in questo anche i post sui social media). Il ministro della Giustizia le ha esortate a evitare gli eccessi nei confronti dei trasgressori, che dovranno però essere “socialmente sanzionati”. A livello ufficiale la Commissione di vigilanza sulle telecomunicazioni ha predisposto un regolamento che, almeno per i primi 30 giorni di lutto stretto, vieta “critiche o analisi”, che evidentemente potrebbero prestari a interpretazioni scorrette.  

 



 

Tutto ciò è molto difficile da comprendere alla “luce” dei valori occidentali. E’ per questo che molti thai, ormai da anni, a ogni situazione di crisi, ripetono come un mantra: “Voi non potete capire”. Alcuni esasperano questa incomprensione parlando di complotti occidentali volti a destabilizzare il paese, se non tutta l’area, ed esportare modelli di comportamento “disfunzionali”. In effetti tutto ciò si può capire solo immedesimandosi in una società che incarna molti dei cosiddetti “Valori Asiatici”, ormai rivendicati in quasi tutto l’Oriente. In particolare quello della gerarchia, qui basata sul rapporto pii-nong. Vale a dire anziano-giovane. Meglio ancora: maggiore-minore. Un rapporto molto complesso che ha il suo vertice nella figura del re.

 

Lo scomparso Bhumibol, inoltre, è riuscito a divenire una figura semidivina per la maggior parte del popolo thai, versione contemporanea del “Dhammaraja”, colui che regna in nome della legge divina. Al tempo stesso, si è conquistato l’amore dei suoi sudditi per i quali è “Por Luang”, il padre reale, grazie anche all’illuminata e intelligente politica sociale svolta nei primi decenni del suo settantennale regno. La sua visione di “economia sostenibile” è divenuta un modello per molte delle ong che operano nel sud-est asiatico.

 

Amare il re, quindi, è divenuto parte stessa della “khwampenthai”, la thailandesità. Un amore e una devozione dimostrati quotidianamente dalle decine di migliaia di persone che si radunano attorno al palazzo reale, sottoponendosi a estenuanti attese per rendere omaggio alla sua immagine. Una processione destinata a divenire sempre più affollata col trascorrere del tempo e di un lungo rituale funebre che si protrarrà almeno per un anno. Rituali anch’essi difficili da comprendere e che appaiono chiari solo agli esperti di protocollo reale, che hanno anche dibattuto su come ci si dovesse riferire al monarca scomparso o al titolo da riservare al suo successore designato (la conclusione è stata quella di mantenere immutate le definizioni).

 



 

Ma ciò che è più difficile da capire, quasi impossibile anche per gli indovini, è che cosa accadrà. Ogni notizia, previsione, analisi, viene smentita l’istante successivo. E’ una sceneggiatura che sembra scritta momento dopo momento. O forse è già prefissata. Per citare un aforisma di Winston Churchill, “Si tratta di un indovinello, avvolto in un mistero all’interno di un enigma”.

 

Pochi minuti dopo l’annuncio della morte del re, il primo ministro Prayuth Chan-ocha aveva annunciato che la National Legislative Assembly (il Parlamento provvisorio istituito dopo il colpo di stato del 2014) avrebbe formalmente ratificato l’investitura del principe Maha Vajiralongkorn (designato successore nel 1972). Nelle ore seguenti lo stesso premier dichiarava che il principe aveva deciso di attendere il tempo necessario a elaborare il lutto. Quindi era stata resa ufficiale la reggenza del generale Prem Tinsulanonda, 96 anni, ex primo ministro, presidente del “Privy Council” il “cerchio magico” dei consiglieri del re, grande vecchio della politica thai che non aveva mai troppo nascosto la sua predilezione per la principessa Maha Chakri Sirindhorn, tanto amata dal popolo, quanto non lo sia il fratello.

 

Pochi giorni dopo, la sera del 18 ottobre, il primo ministro dichiara che la ratifica della successione dovrebbe avvenire entro fine ottobre: il principe Vajiralongkorn diventerebbe così il nuovo sovrano, Rama X, anche se la cerimonia d’incoronazione avverrà solo dopo quella di cremazione del padre. Qualche ora più tardi il vice primo ministro (ed esperto di cerimoniale) precisa che i tempi della successione vanno calcolati secondo quelli dei riti funebri e quindi potrebbe avvenire ad aprile. Le eventuali contraddizioni, spiega, vanno addebitate soprattutto a errori d’interpretazione: il primo ministro, infatti, avrebbe detto che entro fine ottobre “inizierà il processo di successione”.

 

Ciò che sembra sicuro è che il principe dovrebbe firmare la nuova Costituzione appena gli scribi avranno terminato la sua stesura, entro i primi giorni di novembre. Con questa Costituzione, che rafforza il potere dei militari, si potrà procedere alle elezioni del 2017. In tal modo il generale Prayuth, già noto per la sua fedeltà alla corona (data dai tempi in cui militava nell’ultra realista reggimento delle “Tigri della Regina”) si conferma come l’uomo forte che può assicurare la stabilità del Regno evitando crisi istituzionali ed economiche. Il che sembra confermato dalla relativa stabilità dei mercati: dopo un forte calo il giorno precedente la scomparsa del re, la Borsa non sembra dare segni di eccessiva sofferenza.

 



 

Lungo questa “road map”, ben definita dai militari, tuttavia, si possono prevedere molti altri colpi di scena. Sullo sfondo si disegnano intrighi legati a una possibila abdicazione o al ripristino dell’antica carica di “uparaja”, Viceré. Intanto gli occidentali che vivono in Thailandia o ne studiano la politica, ognuno col suo indovino o col suo influente membro dell’ammart, l’aristocrazia thai, come consigliere occulto, analizzano come bookmaker i membri della famiglia reale, le fazioni dell’esercito, i rapporti di alleanze, le possibili alterazioni alla road map determinate dal risorgere di un’opposizione, quella dell’ex premier Thaksin (deposto da un colpo di stato nel 2006) che è solo latente.

 

 



 

 

In compenso, mentre questi misteri si infittiscono, qualche luce si riaccende. Molti locali hanno riaperto, anche se possono lavorare “a porte chiuse” e tenendo basso il volume della musica.

 

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