Il leader di Ciudadanos Albert Rivera in viaggio a Caracas (foto LaPresse)

La liaison dangereuse di Podemos a Caracas collassa col chávismo

Ugo Bertone
Chi sta facendo campagna approfittando della conclamata liaison dangereuse tra Iglesias e Chávez è il partito centrista spagnolo Ciudadanos capeggiato da Albert Rivera.

Milano. Il mestiere di banchiere centrale può essere davvero pericoloso. Almeno a Caracas dove, lunedì scorso, gli uffici dell’istituto sono stati teatro di un assalto armato che ha provocato due vittime prima che le guardie riuscissero ad aver ragione dell’aggressore che si è aggirato per le stanze alla ricerca di “un responsabile”. Un dissidente? Un commando dell’opposizione? Forse più semplicemente un bandito da strada alla ricerca di un ostaggio degno di un riscatto in un paese ove la vita umana si svaluta alla stessa velocità del bolivar (una banconota da 100 vale solo 9 centesimi di dollaro), e dove, secondo i calcoli dell’opposizione, da gennaio ad aprile ci sono state 2.138 manifestazioni di protesta, record probabilmente già superato a giugno, quando la cronaca ha registrato ventuno saccheggi di supermercati e centri commerciali, il più delle volte esplosi di fronte al tentativo di poliziotti e di militari di farsi strada nelle code per assicurarsi quel che resta di riso, zucchero e altri generi di prima necessità. Compresa la Coca Cola che ha sospeso la produzione per mancanza di materie prime. Il prodotto interno lordo, secondo il Fondo monetario internazionale, scenderà quest’anno dell’8 pe cento (meno 5,7 nel 2015).

 

Ormai, dati i numeri, non ci si domanda più se Nicolàs Maduro riuscirà a evitare il tracollo di un’economia al collasso, ma quando ci sarà l’inevitabile collasso che minaccia di affondare, oltre ai redditi di uno dei paesi sulla carta più ricchi del Sud America, quel che resta del richiamo di Hugo Chávez, ultimo mito del terzomondismo così caro alla sinistra radicale europea, a partire dalla Spagna. L’opposizione a Maduro, che controlla il Parlamento di Caracas, ha votato l’istituzione di una commissione d’inchiesta sui fondi (7,16 milioni di dollari) con cui Chávez finanziò la nascita di Podemos, il movimento radicale di Pablo Iglesias. Il leader spagnolo è insorto parlando di “sciocchezze”, ma basta la visione di “Manual de Instrucciones”, film girato dal militante Fernando Leon, per capire che i legami, sia finanziari che ideologici tra il Venezuela e i giovani turchi di Podemos ci sono eccome: “Grazie a Chávez – dice nel film Inigo Erregon, numero tre del movimento spagnolo – abbiamo capito che potevamo vincere”. Sbagliato. Chi sta facendo campagna approfittando della conclamata liaison dangereuse tra Iglesias e Chávez è il partito centrista spagnolo Ciudadanos capeggiato da Albert Rivera che in un viaggio a Caracas ha promesso di volere aiutare i cittadini venezuelani a ritrovare la strada della democrazia dopo il disastroso socialismo chávista.

 


Il presidente venezuelano Nicolàs Maduro (foto LaPresse)


 

Nemmeno  a Pechino la pensano come la truppa di Podemos. La Cina è infatti ansiosa di recuperare parte dei generosi crediti garantiti al Venezuela (85 miliardi in tutto, gli ultimi 17 erogati nel gennaio scorso). In settimana una delegazione di Pechino ha avviato il negoziato sul debito accumulato da Caracas. Il fatto nuovo è che i banchieri di Pechino hanno coinvolto nelle trattative il Parlamento controllato dall’opposizione, che invano chiede da mesi a Maduro di indire le elezioni. Ma, stranezza della politica internazionale, il presidente ha trovato in extremis l’alleato che non ti aspetti: il segretario di Stato americano John Kerry  ha incontrato a Santo Domingo il ministro degli Esteri del Venezuela Delcy Rodriguez, annunciando la ripresa delle relazioni interrotte nel 2010.

 

Una mossa preziosa per Caracas, che proprio stamane dovrà far fronte alle accuse del segretario generale dell’Osa, l’organizzazione degli stati americani., l’uruguaiano Luis Almagro, che chiede la sospensione del Venezuela dall’organizzazione per aver violato i principi democratici. Perché la svolta di Washington? Senz’altro pesa l’inquietudine per la fragilità del Sud America, alle prese, a partire dal Brasile, con la crisi delle materie prime. In questa cornice il default dei junk bond di Caracas può essere la scintilla che potrebbe far saltare la santabarbara dei debiti del mondo petrolifero. In un certo senso, le sorti del Texas dello shale oil sono legate alle follie di Maduro e di Chavez, il mito cantato da Oliver Stone.