Il volo Egyptair MS804 (foto LaPresse)

Il caso del volo EgyptAir, tra valori e terrorismo

Mario Mori
Le cause che hanno provocato il disastro del volo Egyptair Parigi-Il Cairo di giovedì sono ancora da definire precisamente, ma siano esse una bomba, la follia di un singolo attentatore suicida, ovvero un tentativo di dirottamento mal riuscito, sembra ormai sempre più probabile che ci si trovi ancora una volta di fronte a un atto di terrorismo.

Le cause che hanno provocato il disastro del volo Egyptair Parigi-Il Cairo di giovedì sono ancora da definire precisamente, ma siano esse una bomba, la follia di un singolo attentatore suicida, ovvero un tentativo di dirottamento mal riuscito, sembra ormai sempre più probabile che ci si trovi ancora una volta di fronte a un atto di terrorismo. Se si tiene poi conto del fatto che l’ultimo scalo dell’aereo era stato quello della capitale francese dove notoriamente le misure di sicurezza erano state ulteriormente incrementate dopo gli ultimi attacchi dei gruppi islamisti, si deve concludere che la battaglia contro il terrorismo è ben lontana dall’essere vinta e tutte le nazioni del mondo occidentale devono trovare ulteriori strumenti per contrastarne gli effetti.

 

In questi giorni si sente parlare di coordinamento delle attività investigative e d’intelligence dei singoli stati così da ottenere una risposta sul piano operativo più efficace e rapida. Questa esigenza appare come una soluzione ovvia, ma poiché forme di collaborazione di questo tipo, anche molto puntuali, sono già in atto da tempo senza che si possa ritenere che questa scelta si prospetti da sola come determinante e risolutiva, occorre esaminare altre vie nel campo della collaborazione tra stati che valgano a incrementare la nostra capacità di risposta complessiva. Il livello dell’attacco che ci viene portato ha una valenza che supera il già grave bilancio concreto e si estende ancora più pericolosamente e subdolamente al piano psicologico, creando in specie nelle società europee, la cui solidità morale è andata pericolosamente scemando negli ultimi anni, uno stato di latente tensione che altri fatti analoghi agli ultimi avvenimenti potrebbero portare a un generalizzato e pericoloso scoramento.

 

Questa constatazione deve convincere tutti i governanti dei paesi occidentali a fare una cernita di quei valori da considerare irrinunciabili a costo di sacrificarne altri, magari di superiore valenza morale, ma da sottacere a fronte della tutela di quella che gli antichi chiamavano la “salus rei publicae”. Intendo con ciò riferirmi alle intese e agli accordi che, se ritenuti necessari, come già in altri periodi si è verificato, dovranno potersi realizzare con paesi la cui democraticità è ritenuta quantomeno opinabile e i valori che ne contraddistinguono la società non collimano certo con i nostri.

 

A parte il fatto che noi occidentali dovremmo anche pensare che, se il nostro modo di vivere, raggiunto col travaglio di secoli, ci soddisfa pienamente, esso non è l’unico e ci sono altri popoli con storie millenarie ancora più antiche delle nostre che ne hanno adottato altri e tali da meritare un doveroso rispetto. Ciò posto, a fronte di superiori esigenze, la salvezza dei nostri paesi può e deve essere tutelata anche stipulando intese di natura settoriale con quelle nazioni che, pur non essendo politicamente e ideologicamente con noi coerenti, conducono la nostra stessa battaglia contro il terrorismo.

 


Egypt Air precipitato, conferenza stampa al Cairo (foto LaPresse)


 

Così non si può snobisticamente tralasciare l’apporto che stati come Russia, Turchia o Cina possono e devono darci nella comune lotta ai gruppi del terrore e il cui contributo è indispensabile per ottenere la definitiva sconfitta.

 

Noi italiani poi abbiamo una penosa ma tutta nostra vicenda da affrontare ed è quella del rapporto politico con l’Egitto precipitato dopo la drammatica morte del povero Giulio Regeni. Sia chiaro che nulla potrà compensare il dolore della sua famiglia, e la punizione dei responsabili di quell’atroce delitto, quale che sia il loro livello nella società egiziana, dovrà sempre essere richiesto con forza e senza lasciare dubbi sulla nostra determinazione a ottenere la verità, e non una verità quale che essa sia.

 

Ma proprio partendo da questo irrinunciabile presupposto si può offrire al governo del generale al Sisi la piena collaborazione italiana nella lotta che il suo paese conduce per superare gli attacchi feroci e ripetuti che gli sta portando il terrorismo islamico e che ne mette in crisi la stabilità. In pratica un’offerta di pieno sostegno anche di mezzi e strumenti di tecnologia avanzata necessari per migliorare la sua risposta sul piano operativo. Una riapertura di rapporti così bruscamente interrotti non sarà un cedimento alla pura Ragion di stato, ma un gesto significativo che consentirà all’Italia di potere ancora contare da un lato su di un partner di peso nella sua azione politica che la vede protagonista nell’area del Mediterraneo e, nello specifico, di un apporto significativo nella comune lotta contro il terrore di matrice islamista.

 

Su queste basi e senza il clamore rinfocolato da una stampa talvolta votata più alla ricerca del sensazionalismo che orientata ad analisi di situazioni logiche e coerenti con le nostre esigenze, sarà possibile, senza clamori tribunizi ma con serena fermezza, di chiedere ed avere giustizia, non solo come nazione amica, ma anche e soprattutto per quanto dovuto a Giulio Regeni e alla sua famiglia.

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