Manifestazione per il boicottaggio accademico di Israele in un campus americano

A scuola da Goebbels e Yassin

Redazione
Studenti che accusano gli ebrei israeliani di puzzare o che sostengono l’uso della lotta armata da parte palestinese. Nulla di straordinario. Avviene quasi ogni giorno nei campus americani e nelle università europee.

Si chiama Husam El Qoulaq ed è a capo dell’associazione “Studenti per la giustizia in Palestina” lo studente americano che la scorsa settimana, durante una conferenza pubblica presso la Harvard Law School, si è rivolto alla politica israeliana Tzipi Livni chiedendo come mai “puzzasse” tanto (“How is it that you are so smelly?”. “It is a question about the odor of Ms. Tzipi Livni, she’s very smelly, and I was just wondering”). Il Dottor Goebbels non avrebbe saputo dirlo meglio. Nelle stesse ore, dall’altro capo dell’Oceano Atlantico, Malia Bouattia veniva eletta nuovo presidente del sindacato nazionale degli studenti britannici (sette milioni di iscritti, tanta roba). Malia parla come lo sceicco Yassin, il fondatore di Hamas che istigava gli attentati kamikaze contro gli ebrei: “Pensare che la Palestina sarà libera solo grazie a raccolte fondi, proteste non violente e movimento Bds è problematico. Ciò non deve essere frainteso come un’alternativa alla resistenza del popolo palestinese”.

 

Studenti che accusano gli ebrei israeliani di puzzare o che sostengono l’uso della lotta armata da parte palestinese. Nulla di straordinario. Avviene quasi ogni giorno nei campus americani e nelle università europee, specie in quelle inglesi. Aggressioni fisiche. Come quella a Jessica Felber, una studentessa ebrea che a Berkeley è stata attaccata da un altro studente, Husam Zakharia, mentre partecipava a una manifestazione in favore di Israele. L’università era a conoscenza che Zakharia era un capo del gruppo “Studenti per la giustizia in Palestina”, e che si era reso responsabile di altre aggressioni nel campus. Oppure aggressioni verbali e ideologiche, con le campagne per il boicottaggio di Israele nelle facoltà anglosassoni, il lancio di scarpe agli oratori israeliani o il disprezzo dei simboli ebraici. Questa santinomia violenta dei gruppi studenteschi ha facilitato la nascita di un clima antisemita. I professori poi fanno la loro bella parte. Come alla Columbia University, dove il professor Joseph Massad ha chiesto in aula a uno studente che aveva fatto la leva in Israele: “Quanti palestinesi hai ucciso?”. No, il sangue ormai non raggela più. Quest’odio patologico è accolto da una fragorosa risata.

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