Corey Lewandowski, manager della campagna elettorale di Donald Trump (foto LaPresse)

Trump allarga il cerchio magico per normalizzare una campagna eterodossa

Non ha strateghi in senso classico né un team formale di consiglieri che lavora al programma. La sua “sondaggista” di riferimento è la moglie Melania. Ma Corey Lewandowski annuncia novità.

New York. Corey Lewandowski, onnipresente manager della campagna elettorale e cane da guardia di Donald Trump, ha detto che presto verranno assunti “funzionari esperti” e “nomi noti” per affiancare gli inesperti ma efficaci membri della più eterodossa campagna elettorale della storia recente. Trump preferisce “all day long” l’efficacia sull’esperienza, e per questo ha messo la sua irresistibile corsa nelle mani di una ventisettenne che si è occupata di moda, di un manager che l’ultima volta che ha messo le mani in una campagna elettorale era nel 2002 (il suo candidato ha perso), di una ex sostenitrice di Obama passata chissà come al Tea Party e di un consigliere che gestiva un golf club di Trump e nel tempo libero faceva il dj in locali di gusto discutibile.

 

Un cerchio magico sulla carta assai sgangherato che ha prodotto cose che molti professionisti della scienza elettorale potranno soltanto sognare. Al grido di “lo stratega sono io”, come Trump ha detto senza imbarazzo a Gabriel Sherman, autore dell’immersione definitiva nelle acque della campagna trumpiana, o di “Let Trump be Trump”, il motto che Lewandowski si è tatuato nell’anima, la sua campagna populista ed egoriferita, più orientata al marketing che alla costruzione del consenso, ha cambiato regole e paradigmi. Trump si consulta con tante persone, e ne ascolta pochissime.

 

Non ha strateghi in senso classico né un team formale di consiglieri che lavora al programma. La sua “sondaggista” di riferimento è la moglie Melania, che lui descrive come la persona meglio equipaggiata per cogliere l’umore politico del paese. La figlia Ivanka cura l’immagine e suo marito, Jared Kushner, proprietario del New York Observer, dà il suo contributo sistemando i discorsi più delicati, quelli che non possono essere tradotti e pronunciati in trumpese. Ora l’aumentare delle probabilità di una “contested convention” richiede un adeguamento delle dosi di competenza, una virtù sommamente disprezzata da Trump.

 


Usa, presidenziali: il comizio di Trump a New York (foto LaPresse)


 

Tuttavia, il candidato sa che non si potrà improvvisare nell’eventualità di una convention in cui nessuno si presenta con i 1.237 delegati necessari per assicurarsi la vittoria senza votazioni ulteriori. In quel caso, Trump non può pensare di competere con l’apparato del Partito repubblicano che da mesi seziona cavilli, passa ai raggi infrarossi i regolamenti, avvicina delegati per saggiarne la fedeltà ed esplora qualunque via per far deragliare la campagna di Trump senza uscire dal perimetro della praticabilità elettorale.

 

Così Trump ha assunto il navigatissimo lobbista Paul Manafort, che ha lavorato per Gerald Ford all’ultima “contested convention” repubblicana nel 1976 e conosce il funzionamento della macchina politica. Manafort ha servito molti clienti importanti, da Ford all’ex presidente ucraino Viktor Yanukovich, ma non corrisponde all’identikit dell’insider di Washington. Dicono che abbia conosciuto Trump in ascensore, perché ha un appartamento nella Trump Tower. E’ stato l’antico alleato Roger Stone a fare il suo nome. Stone, vecchio consigliere nixoniano e produttore di teorie del complotto con camicie alla moda, è stato allontanato dalla campagna per divergenze irrisolvibili con Lewandowski, ma continua a essere un consigliere informale molto ascoltato. Specialmente nel momento in cui Trump non ha bisogno di zelanti operatori fatti a sua immagine, ma di funzionari e consiglieri esperti, capaci di orientarsi in uno scenario complesso.

 

L’allargamento del cerchio magico di Trump è l’avvisaglia di un processo di normalizzazione della campagna che è delicatissimo per chi ha fatto dell’estraneità ai meccanismi dell’establishment il suo messaggio politico. In questi giorni si sta intensificando la ricerca di funzionari per allargare il respiro della campagna, e Trump ha annunciato anche la presentazione di un team di consiglieri di politica interna che gli permetterà di dare spessore e (forse) un minimo di coerenza  a una piattaforma fin qui articolata a forza di slogan e immagini contraddittorie.