La regina Vittoria è il nuovo obiettivo dei militanti pol. corr. inglesi


Stefano Basilico
Alcuni studenti di origine indiana alla prestigiosa Royal Holloway di Egham hanno chiesto la rimozione della didascalia sotto la statua della Regina Vittoria, che inaugurò la Royal Holloway il 30 giugno 1886 e che la menziona come “Imperatrice dell’India”.

La Regina Vittoria, monarca nel periodo di gloria dell’Impero, sulla cui eredità si fonda buona parte del benessere odierno del Regno Unito, rischia di sparire dalle Università. La polemica è una nuova declinazione di un problema da annoverarsi tra le follie del politicamente corretto. Alcuni studenti di origine indiana alla prestigiosa Royal Holloway di Egham, fuori Londra, avrebbero sollevato il problema nel corso di una campagna fotografica contro il razzismo negli atenei. Motivo del contendere, la didascalia sotto la statua della Regina Vittoria, che inaugurò la Royal Holloway il 30 giugno 1886 e che la menziona come “Imperatrice dell’India”. “Come possiamo sentirci inclusi se c’è una statua che celebra la sottomissione del nostro popolo?” si chiedono nella campagna fotografica quattro studenti.

 



 

Vittoria divenne Imperatrice in seguito alle rivolte del 1857, quando l’India passò dal controllo della British East India Company a quello dell’Impero. Vittoria era ben disposta verso gli indiani: scrisse di provare orrore e compassione per la guerra civile e garantì la libertà religiosa nel paese.

 

Una delle particolarità della Royal Holloway è che nasce come un’istituzione per sole donne, in tempi in cui l’istruzione era prevalentemente retaggio degli uomini. Questo retaggio e il legame col genere femminile rimane tuttora, dal momento che rettore dell’Università è la Principessa Reale, Anna (figlia di Elisabetta e sorella di Carlo) e che il 58 per cento degli studenti sono ragazze. Forse questa è una delle ragioni per cui questa nascente protesta è destinata a fallire, dopo quella che l’ha preceduta sulla statua di Cecil Rhodes all’Oriel College di Oxford: Egham è, storicamente, un ateneo creato per garantire parità di accesso alle minoranze: più di un quinto degli studenti viene da paesi extra-Ue. Taha Husein, uno degli autori della protesta contro l’Imperatrice d’India, ha dichiarato di aver sostenuto la campagna #RhodesMustFall a Oxford, ma di non voler intraprendere una campagna analoga sulla statua della Regina Vittoria perché “non ha tempo e gli altri studenti non lo seguirebbero”. Se non dubitiamo della prima affermazione, ci sentiamo scettici sulla seconda, visto che qualcuno con questo tipo di battaglie antistoriche a cuore lo si trova sempre.

 

Più che il caso in sé colpisce il rifiuto da parte di molti studenti universitari del ruolo storico, discutibile o meno, del Regno Unito nel mondo. Ntokozo Qwabe, promotore della campagna contro Rhodes, arrivò a Oxford con una borsa di studio indetta proprio dallo stesso imprenditore colonialista. Questi studenti dimenticano che se le università britanniche sono così valide e accoglienti è per merito di chi ha fatto del Regno Unito un paese ricco, con una solida cultura accademica e aperto al mondo. Quindi anche della Regina Vittoria e di Rhodes. Perché se anche la storia si dovesse piegare ai buoni sentimenti in voga tra gli studenti di turno, del pensiero occidentale alle basi dei nostri atenei rimarrebbero macerie.

Di più su questi argomenti: