Fondamentalismo e politica

Che cosa sta succedendo in Bangladesh

Giulia Pompili
Mentre il primo ministro Sheikh Hasina, del partito di governo Awami League, continua a negare la presenza di “soldati del Califfato” in Bangladesh, gli estremisti dell’Isis rivendicano i recenti attacchi. Eseguita la condanna a morte di due leader dell’opposizione di Dacca (per crimini di guerra). Il pericolo per gli stranieri è reale?
Mentre il primo ministro Sheikh Hasina, del partito di governo Awami League, continua a negare la presenza di “soldati del Califfato” in Bangladesh, gli estremisti dell’Isis rivendicano i recenti attacchi – specialmente quelli contro gli stranieri – avvenuti nel paese e la costituzioni di province e la nomina di “leader regionali” che hanno giurato fedeltà a Abu Bakr Al Baghdadi nell’area. Domenica è stata eseguita la condanna a morte di Ali Ahsan Mohammad Mujahid, segretario generale del partito d’opposizione Jamaat-e-Islami, e di Salahuddin Quader Chowdhury, leader del Bangladesh Nationalist Party  (Bnp), condannati nel 2013 dal tribunale speciale che indaga sui crimini di guerra durante il conflitto del 1971 con il Pakistan che portò il Bangladesh all’indipendenza. Le principali città bangladeshi domenica hanno aumentato i controlli per evitare che le proteste dei partiti d’opposizione finissero in un’escalation di violenza – un giornalista, Rajib Sen, è stato ferito a colpi d’arma da fuoco mentre copriva i funerali di Chowdhury.
 

"I recenti attacchi contro gli stranieri sono preoccupanti", dice al Foglio Alexandra Stark, ricercatrice di Relazioni internazionali alla Georgetown University, "Anche se recentemente c'è stata molta violenza in Bangladesh, era una violenza legata alle elezioni politiche e non ha mai preso di mira specificamente gli stranieri". Il Dipartimento di stato americano ha emesso pochi giorni fa un avviso di viaggio per i cittadini stranieri che si recano in Bangladesh: "Sono invitati a esercitare la dovuta cautela e a mantenere un elevato livello di attenzione alla luce dei recenti attacchi. Tuttavia, certi avvertimenti dovrebbero essere presi cum grano salis. Il Bangladesh ha una lunga tradizione di relazioni positive con gli operatori umanitari stranieri, che hanno stabilito una forte presenza dopo la sanguinosa guerra d'indipendenza e il devastante ciclone del 1971 e sono stati molto attivo nel paese sin da allora. Questi attacchi dovrebbero essere considerati in questo contesto storico più ampio di rapporti e di collaborazione positiva con i cittadini stranieri. Gli stranieri potranno essere relativamente più in pericolo adesso di quanto non lo siano mai stati storicamente, e di certo dovranno prendere le precauzioni necessarie, ma le probabilità di altri attacchi agli stranieri sono relativamente basse".

 

Ma c'è davvero una relazione tra gli attentati agli stranieri in Bangladesh e lo Stato islamico, quello stesso gruppo di terroristi che ha ucciso 130 persone a Parigi lo scorso fine settimana? "In questo momento non abbiamo abbastanza informazioni per sapere quanto davvero gli aggressori in Bangladesh siano legati alla leadership dello Stato islamico in Iraq e Siria. E' difficile per ora sapere se gli attacchi siano stati orchestrati o diretti dalla leadership, o da individui bengalesi che hanno soltanto deboli legami con l'Isis, ma che tuttavia hanno giurato fedeltà al Califfato. Al contrario, gli attentati di Parigi erano ragionevolmente ben organizzati, con un campo di applicazione molto più ampio, e sono direttamente collegati allo Stato islamico". E dunque, secondo lei, cosa sta succedendo in Bangladesh? "La situazione politica fornisce un terreno molto fertile per i fondamentalismi religiosi. Sin dall'indipendenza dal Pakistan nel 1971, ci sono stati due visioni dominanti del nazionalismo – la prima secolarista e laica basata sulla lingua bengalese, la seconda che vedeva nell'islam la religione ufficiale e il modello di stato politico". I due maggiori partiti politici in Bangladesh rappresentano queste due visioni, spiega Spark, "e l'attuale governo è guidato dall'Awami League che è il partito laico, mentre il partito d'opposizione, il Bnp, ha una versione molto più conservatrice" (il Bnp è anche alleato con Jamaat-e-Islami, il più grande partito islamista del Bangladesh).

 

[**Video_box_2**]Per la Spark "il governo e le elezioni in Bangladesh sono stati a lungo considerati profondamente corrotti, e hanno portato alla contestazione delle elezioni, spesso accompagnate da violente proteste. Nel 2014, il Bnp ha boicottato le elezioni perché l'Awami League ha rifiutato di far gestire le elezioni a un governo di transizione neutrale, e il Bnp e i suoi alleati hanno organizzato degli scioperi – noti come hartals – e proteste". Inoltre, è stato proprio l'Awami League a istituire il Tribunale internazionale di Dacca, quello che persegue chi è accusato di crimini di guerra per il conflitto per l'indipendenza del ’71, "e molti degli accusati sono gli stessi leader anziani del Bnp e di Jamaat-e-Islami", dice Spark. "C’è chi ha accusato il governo di utilizzare il Tribunale per annientare gli oppositori politici, e queste accuse hanno generato ultimamente proteste violente. Quindi, anche se un contesto politico non porta direttamente al tipo di estremismo che provoca attacchi contro gli stranieri, di certo fornisce terreno fertile per il fondamentalismo religioso".

 

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.