Cosa vuol dire uccidere in nome di Dio

Giuliano Ferrara
Ci conquisteranno non senza prima averci fatto a pezzi, col nostro politeismo dei valori, il multiculti, la decristianizzazione. L’unica superiorità è la combinazione di abbondanza e tecnologia, la guarnigione della civiltà che si chiama Israele.

I lettori si domandano: che facciamo? Vorrebbero risposte assolute, risolutive. Anzi, una sola risposta. Ovviamente nessuno ce l’ha, specie nell’era dell’inetto Corbyn e del boicottaggio di Israele, ma un’approssimazione è possibile. Non serve expertise geopolitica, non serve orgoglio ideologico. Serve il contrario. Buonsenso, esperienza politica della dialettica tra amico e nemico, la giusta dose di pessimismo sullo stato del mondo occidentale che è oggi sotto attacco. Parlo del mondo vario che va dai funzionari e impiegati del capitalismo e del commercio internazionale, World Trade Center,  alle ragazze afghane che vogliono studiare all’occidentale agli utenti dei treni e della metropolitana di Atocha e dell’alta velocità Bruxelles-Parigi ai turisti visitatori di un museo in Tunisia alla allegra perversa sadiana  movida del Bataclan dove si canta “Kiss the devil”, bacialo nella bocca, mentre cominciano a crepitare i kalash, fino allo Stade de France, dove i morti sarebbero stati ancora a centinaia se non avessero fallito i due commando di Francia-Germania. Non sprovvisto di buona retorica, ma retorica al fondo sofistica, il direttore di Repubblica dice: la nostra libertà fa paura. Io nel mio piccolo antiretorico e buonsensaio dico: la nostra paura li incoraggia.

 

Vediamo prima l’esperto geopolitico, ce n’è a bizzeffe. Flaiano diceva: oggi il cretino è pieno di idee. Si può parafrasare: oggi l’esperto è pieno di idee e vuoto di buonsenso. Prima idea insensata.  Il maggior numero di vittime della violenza legata al jihad è tra i musulmani, quindi lo scontro di civiltà è una sciocchezza. I musulmani uccisi sono coloro che non si conformano alla sharia, alla legge coranica, o che cercano senza successo, vedi in Egitto, di affermare il governo shariota. I musulmani sono una umma coranica unificata da un Dio e da un libro, ma le nazioni hanno interessi di economia e di potere non regolati dalla pace di Westfalia o dalla lunga pace moderna delle democrazie dopo le convulsioni mondiali del Novecento, ragion per cui si ostacolano per il predominio anche nella umma. Ma fanno tutte parte di un mondo di fede opposto a quello degli infedeli. Punto. Seconda idea insensata. I Fratelli musulmani, nati per sterminare gli infedeli, sono meglio del generale egiziano Al Sisi, che ha preso il potere per cercare una sua via kemalista, fondata sull’amicizia (magari corrotta, perché no?) con l’occidente, contro i puristi e incorrotti sostenitori della legge coranica. Terza idea insensata. Gli sciiti non fanno attentati in Europa, dobbiamo allearci con loro e andare contro sauditi e altri ortodossi sunniti per ogni dove: è in parte vero che l’islam europeo produttore di terrorismo, e lo Stato islamico coproduttore, sono sunniti e non sciiti, ma non so se sarebbe saggio aspettare che i secondi abbiano il possesso dell’atomica, visto che gli entusiasti di Hamas e gli Hezbollah, non del tutto inesperti di attentati e violenze, godono del favore geopolitico e del sostegno attivo dell’Iran sciita. Quarta idea insensata. Tutto sta nell’affinare e finanziare i servizi segreti in occidente. Bombardare non serve che a offrire giustificazione e capacità di reclutamento ai motori della violenza, non parliamo poi di truppe di terra, che disastro le guerre di Kabul e di Baghdad. Qui siamo al livello di Bouvard e Pécuchet, i due idolatri delle idee e delle informazioni geoscientifiche infilzati in un’opera immortale sulla generosa stupidità umana da Gustave Flaubert centocinquant’anni fa. L’esperto in geopolitica è come l’esperto di economia deriso già nel Settecento dall’abate Galiani, libertino ma non cretino, perché si misura con cifre e altre astrazioni ma non tiene conto della natura e della storia umana, di concerto con la geografia e la politica, che insieme non fanno una “geopolitica” se non nelle mappe degli strateghi di aula universitaria.

 

Insomma, oh lettore, guardati da chi la sa lunga sull’atlante geografico, scambiato per “terreno”, e pretende di guidarti fuori dallo scontro di civiltà e dalla guerra di religione in nome di una presunta scienza non valoriale, fredda e chirurgica come la più nichilista e riluttante delle storiografie o delle sociologie. Se vengono qui, o anche a Karachi e a Kandahar, in Kenya e in Nigeria, a Tel Aviv o a New York, oppure se si radicalizzano in loco, se si chiamano Mohamed, se sono armati da Mohamed, se hanno letto il testo unico del Corano dettato a Mohamed, se gridano Allahu akbar, se sparano contro le folle al caffè concerto o deviano gli aerei o fanno saltare gli stadi, fidati del tuo naso, o di quello di Ratzinger: vuol dire, se questo accade, che è in atto uno scontro di civiltà e di religione, e che a combatterlo per adesso, in quanto tale, in nome di Dio, dopo la decolonizzazione, nell’occidente del benessere e dell’immigrazione libera, sono loro e soltanto loro, i combattenti islamisti o shahid o jihadisti. Il terrorismo non esiste, i servizi possono poco, c’è una guerra religiosa e blasfema, ma blasfema per noi, in corso. Per loro è una guerra santa. Fidati. Non di me, di te.

 

Conquistare la mappa geopolitica del terrore

 

Poi c’è l’orgoglio ideologico vano. Molti canti della Marsigliese, molte manif., molto occidente parlato. Molto umanitarismo. Molto pianto per le vittime. Molta demonizzazione o diabolizzazione dell’avversario, il solito branco di lupi impazziti. Abbraccerei l’intera redazione di Repubblica per la loro capacità di fissare un’identità comune sulla catasta dei corpi dei morti ammazzati, e solo lì. Allo Stade de France furono cantate la Marsigliese e Deutschland über alles. Ma al Bataclan le parole in musica degli heavy death metals erano queste, e vi risparmio la traduzione perché siete persone molto istruite e avete a disposizione il vocabolario di Google per tradurre un testo di primitivismo morale inaudito:

 

I’ll love the Devil / I’ll sing his song / I will love the Devil and his song
Who’ll love the Devil? / Who’ll kiss his tongue? /  Who will kiss the Devil on his tongue?
I’ll love the Devil / I’ll kiss his tongue / I will kiss the Devil on his tongue
Who’ll love the Devil? / Who’ll sing his song? / I will love the Devil and his song  
Who’ll love the Devil? /  Who’ll kiss his tongue? / I will kiss the Devil on his tongue
Who’ll love the Devil? / Who’ll sing his song? / I will love the Devil and sing his song

 

Dunque piano con l’orgoglio occidentalista. Siamo una civiltà in decadenza: demografica, culturale, religiosa, politica. Siamo figli dei lumi e apostati del cristianesimo, e su Libération, a cadaveri caldi, c’era un bell’articolo malinconico in difesa del modo di vita della movida di Oberkampf, Parigi, che rivendicava le dolcezze desideranti della nostra perversione e benediva un cielo vuoto di dei, perché si vedono meglio le stelle e ci si ama follemente. Viva il meticciato, e fanculo il Natale, la Pasqua e le campane.

 

[**Video_box_2**]Fidati del tuo buonsenso. Questi che di Dio ne hanno uno solo, di libro uno solo e chiarissimo nella prescrizione legale del dovere di ogni buon musulmano, annientare chi non lo è, ci conquisteranno non senza prima averci fatto a pezzi, noi e il nostro politeismo dei valori, noi e il multiculti, noi e il meticciato, noi e le nostre pillole aborti divorzi eugenetiche e gay culture, noi e la decristianizzazione spiritualista che sputa sulla chiesa, sul clero, sulla curia, sui simboli della morale cattolica, talvolta anche dal vertice della chiesa stessa. Non sono impazzito, dico una verità (forse ce ne sono altre) che è pazza come è pazza la realtà della storia, come noto dopo Shakespeare  “una sinistra favola raccontata da un idiota”. Che fare? L’unica superiorità è la combinazione di abbondanza e di tecnologia, e l’avanguardia o guarnigione della civiltà che si chiama Israele. Bisogna andare lì, rinunciare al Bataclan, e intimidire, conquistare la mappa geopolitica del terrore a sfondo religioso, inondarli di democrazia armata e capitalismo, sfamarli, organizzarli, rispettando il loro credo e imponendo il rispetto del nostro a viva forza, come con Rumsfeld e Cheney: è il compito del XXI secolo, mi spiace. Altre soluzioni, a parte la nostra devastante resa o il dominio inutile dell’aviazione? Aspetto che me le forniscano gli esperti e gli ideologi.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.