La bandiera giapponese, quei sedici raggi di Sole che fanno paura

Giulia Pompili
Una battuta che gira molto su Twitter negli ultimi giorni recita così: mi sento più pigro del tizio che ha creato la bandiera del Giappone. E in effetti a guardarla, un disco rosso su sfondo bianco, a tutto fa pensare tranne che a secoli di storia e di tradizione. Eppure la Hinomaru (che significa disco rosso) ha una storia controversa e intimamente legata al passato imperialista giapponese. La bandiera con il disco rosso fu adottata ufficialmente come bandiera nazionale del Giappone soltanto nel 1999, con legge licenziata dalla Dieta.

Una battuta che gira molto su Twitter negli ultimi giorni recita così: mi sento più pigro del tizio che ha creato la bandiera del Giappone. E in effetti a guardarla, un disco rosso su sfondo bianco, a tutto fa pensare tranne che a secoli di storia e di tradizione. Eppure la Hinomaru (che significa disco rosso) ha una storia controversa e intimamente legata al passato imperialista giapponese. La bandiera con il disco rosso fu adottata ufficialmente come bandiera nazionale del Giappone soltanto nel 1999, con legge licenziata dalla Dieta. Quella che crea più imbarazzi internazionali, però, è la sua variante chiamata Kyokujitsuki (che significa bandiera del Sole nascente), quella con il disco rosso su fondo bianco e i sedici raggi che partono dal centro, la storica bandiera dell’Impero. Sedici raggi, come sedici sono i petali del crisantemo nel simbolo della casata imperiale. Le prime notizie sulla Kyokujitsuki risalgono al periodo Edo, quello dello shogunato e delle guerre feudali, ai primi del Seicento. Nel 1870 iniziò il periodo della Restaurazione Meiji, e l’immagine del sole con i raggi venne considerata bandiera ufficiale. L’Esercito imperiale e la Marina imperiale la adottarono come vessillo. Diventò una tradizione consegnare ai soldati, prima di partire per la guerra, le bandiere con alcuni messaggi scritti da amici e parenti nella parte bianca del disegno (i musei di guerra giapponesi ne sono pieni).

 

Nel 1945, dopo la resa del Giappone agli americani, la Kyokujitsuki cominciò a essere considerata offensiva da chi aveva subìto la guerra. La nuova Costituzione redatta da Washington per il Giappone smantellò l’esercito sostituendolo con delle Forze di Autodifesa, e alla Marina venne concesso di mantenere la bandiera con i raggi, ma in una versione con il disco solare leggermente spostato verso sinistra, e anche le Forze di terra ancora oggi hanno un vessillo a otto raggi. Per molti giapponesi, però, la Kyokujitsuki resta l’unica storica bandiera, “perché non basta un colpo di spugna per cancellare i raggi del Sole nascente”. E infatti la bandiera ufficiale, la Hinomaru, non è facile da trovare esposta in Giappone mentre è più facile incontrare la bandiera Kyokujitsuki, specialmente nelle località vicino alla costa e nei porti (tra i pescatori è considerata di buon auspicio).

 

A opporsi all’esposizione della bandiera con i raggi, oggi, sono soprattutto la Cina e la Corea del sud. In particolare l’efficientissima macchina di propaganda di Seul da anni utilizza i simboli della storia giapponese per alimentare le antipatie dei propri cittadini verso i vicini, rei di non riconoscere quella bandiera come simbolo “della sanguinosa invasione giapponese in Corea” [guarda il video]. Allo stesso tempo, non sono pochi i politici nipponici che utilizzano la Kyokujitsuki come simbolo nazionalista. Il primo ministro Shinzo Abe si è espresso più volte a favore della sua reintroduzione, riferendosi alla bandiera con i raggi come a un simbolo di pace. Le manifestazioni sportive sono quelle in cui, solitamente, si creano i problemi. Nel 2008, durante le Olimpiadi di Pechino, l’ambasciata cinese a Tokyo distribuì alcuni consigli ai giapponesi che stavano per recarsi ad assistere i propri atleti. Tra le avvertenze c’era quella di evitare di esporre la bandiera del Sol levante, per evitare “di offendere i cittadini cinesi”. Quest’anno una mostra di fumetti del noto disegnatore giapponese Eiichiro Oda, che si sarebbe dovuta tenere al War Museum di Seul, è stata annullata perché negli schizzi originali ci sarebbero stati troppi riferimenti alla Kyokujitsuki.

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.