Mario Draghi e Ursula von del Leyen (LaPresse)

Editoriali

Cambiare il Pnrr è un dovere

Redazione

Il conflitto in corso impone al governo due svolte di realismo sul Recovery

Va cambiato il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che è in parte un cronoprogramma per avere i fondi europei? Il presidente della Confindustria Carlo Bonomi chiede che sia riscritto almeno per due aspetti: un allungamento dei tempi per la transizione ecologica e una diversificazione delle fonti energetiche per cui oggi siamo dipendenti dalla Russia. Non problemi nuovi, tantomeno il secondo, con Mario Draghi che cerca alternative al gas russo, dal Qatar all’Azerbaijan. La diversificazione delle fonti fossili non è un obiettivo del piano europeo, mentre lo è il passaggio entro il 2055 a sole energie verdi. Ma il Next Generation Eu (NGEu) è stato scritto nel 2021, modificato con la tassonomia che prevede gas e nucleare pulito, e all’esplodere della guerra emendato dall’Italia e altri con la temporanea riattivazione delle centrali a carbone e lo sblocco della ricerca in mare. I tabù sono di fatto già sospesi. E anche per evitare che ognuno vada per proprio conto, Bruxelles si appresterebbe a varare un NGEu 2.0, altri eurobond dopo i 1.800 miliardi per la ripresa post Covid.

 

L’architettura finanziaria è ancora in discussione, ma ieri il vicepresidente della Commissione Frans Timmermans ha annunciato l’obiettivo di ridurre di due terzi entro fine anno la dipendenza dalla Russia, coerentemente con quanto dichiarato dal ministro Roberto Cingolani, che intende tagliarla della metà in sei mesi rendendo l’Italia autonoma in 30. Bonomi fa altre richieste ragionevoli, a cominciare dal disboscamento col machete della burocrazia, per avviare un impianto di energia rinnovabile, per cui oggi occorrono 10 anni. Ma si può fare tutto ciò in corsa, senza smentire gli impegni solenni di mesi fa? Sovrapporre misure da tempo di guerra a un progetto disegnato per una nuova e illimitata Gilded Age richiede un notevole lifting e altrettanta realpolitik. Ma intanto l’Italia può muoversi in proprio: la troppa burocrazia verde non l’ha imposta nessuno. Per questo handicap non c’è motivo per cui il Pnrr debba restare immutabile.

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