Ursula von del Leyen e Christine Lagarde , rispettivamente presidente di Commissione europea e Bce (Ansa) 

EDITORIALI

Il gran successo dei primi eurobond

Redazione

La mutualizzazione del debito funziona. Cattive notizie per gli estremisti

Abbiamo ancora bisogno di una politica monetaria accomodante, quindi di sostegno diretto e indiretto a cittadini e imprese, perché la pandemia non è ancora finita e il nostro lavoro non potrà dirsi concluso finché non ne saremo fuori in  maniera durevole”. Di fronte a un forum di banche centrali Christine Lagarde, presidente della Bce, si è discostata in maniera più netta del previsto dalla linea corrente impersonata dalla Federal Reserve americana di puntare su un prossimo rialzo dei tassi d’interesse (peraltro negli Usa già più cari che nell’Eurozona), o almeno di comunicarne al più presto tempi e modi. Può darsi che la francese Lagarde intenda approfittare del vuoto di potere determinato dalle elezioni in Germania – le settimane scorse la Bundesbank aveva espressamente chiesto un segnale di fine del denaro facile – così come è possibile che non sia realmente sicura di una ripresa stabile e omogenea “che determini una inflazione non episodica al 2 per cento”, nuovo target dei banchieri centrali. Siamo ancora distanti nonostante la crisi energetica e il collo di bottiglia delle materie prime, e tra i paesi più colpiti c’è proprio la Germania. Ma la presidente della Banca centrale europea è anche una politica navigata, a lungo ministra con i governi di centrodestra francesi, e sa quanto la Francia ed Emmanuel Macron vogliano un maggior ruolo nel prossimo futuro, naturalmente se Macron sarà riconfermato.

 

Potrebbe non essere il solo cambiamento. Per esempio l’Unione europea ha emesso la prima tranche di Eurobond a 5 anni per finanziare, assieme alle emissioni successive, il piano di aiuti e prestiti Next Generation Eu, 800 miliardi di euro dei quali 191,5 destinati all’Italia. Il collocamento era di 2,5 miliardi, una minima parte. Ma i fatti (largamente) positivi sono due: la richiesta è stata per 5,8 miliardi cioè 2,33 volte l’offerta nonostante che la Ue abbia agito sul mercato libero senza i paracadute dei consorzi bancari. E il rendimento attuale dei titoli è negativo dello 0,49 per cento: ci rimette chi dà credito non chi si è indebitato, tra cui il nostro paese. Cade un tabù che per decenni ha fatto dello stesso termine Eurobond un obiettivo politico-economico proibito, per la contrarietà dei paesi “frugali”. A oggi emetterli conviene, la mutualizzazione del debito non è a spese dei contribuenti tedeschi, olandesi, francesi, italiani. E questo con un’aspettativa d’inflazione e di aumento dei tassi generalizzata. Il rendimento negativo degli Eurobond è dietro solo ai titoli di pari durata della Germania (meno 0,56 per cento) e dell’Olanda (meno 0,53), superiore alla Francia (meno 0,45), all’Irlanda, al Portogallo, alla Spagna (tutti a tassi negativi) e naturalmente all’Italia che sconta rendimenti positivi sui cinque anni dello 0,05 per cento.

 

Gli Eurobond, dunque, incontrano la fiducia degli investitori, presumibilmente istituzionali. Costituiscono un “porto sicuro”, definizione fin qui riservata ai Bund tedeschi, e lo costituiranno in futuro se l’Europa manterrà  stabilità e credibilità. Ma c’è un altro aspetto, politico, che ci riguarda. I partiti sovranisti hanno a lungo teorizzato che ci convenisse indebitarci con i propri Btp, perché avremmo avuto le mani più libere e tutto sommato sarebbe costato meno. E’ stato detto per il Mes, per la linea di credito per la sanità da esso finanziata, che Giuseppe Conte si vanta ora di aver rifiutato con Angela Merkel. E lo stesso Recovery plan è stato subìto dalla Lega di Borghi&Bagnai e dai fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Fate i conti, giusto un paio. Gli Eurobond erano un obiettivo della Francia alcuni anni fa. Macron li aveva abbandonati anche per non incrinare l'asse con la Merkel che ora non c’è più. Il successo di queste prime emissioni potrebbe essere uno strumento nelle mani del governo francese (e dell’Italia) quando nel 2022 si ridiscuterà il nuovo Patto di stabilità europeo.

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