Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale Europea (Ansa) 

Tra crescita e Quantitative easing. Il bivio di Christine Lagarde

Mariarosaria Marchesano

Ridimensionare il programma di acquisto titoli anti-pandemico varato a marzo 2020 oppure continuare a sostenere l'economia? Le due anime della Bce a confronto

Le vaccinazioni in Europa procedono a ritmo spedito e le riaperture stanno favorendo un miglioramento delle prospettive economiche. Così la Bce guidata da Christine Lagarde medita su una possibile evoluzione della politica monetaria considerato che da quando è scoppiata la pandemia sta pompando liquidità e consentendo ai governi europei di indebitarsi senza limiti. L’idea che si sta facendo largo nell’Eurotower – che si riunisce oggi – è che prima o poi i paesi dovranno cominciare a camminare con le proprie gambe facendo gradualmente a meno della stampella del Quantitative easing e in particolare del Pepp, il programma di acquisto titoli anti-pandemico varato a marzo 2020. Ma c’è un momento per tutto e quello di riporre il “bazooka” nel cassetto non è ancora arrivato. Di questo la Bce pare abbia consapevolezza dopo un primo tentativo di rallentare il ritmo degli acquisti a inizio anno, quando la campagna vaccinale stentava a decollare, ottenendo come unico risultato di indispettire i mercati. Un passo falso? 

 

Come spiega un’analisi di Bank of America, la tentazione di ridurre il Qe è forte all’interno del consiglio della Bce. Per questo, nelle ultime settimane si è sentito tanto parlare di “tapering”, vale a dire della possibilità di un ritiro graduale del programma di stimoli che, però, come spiega al Foglio l’economista dell’Università Bocconi Carlo Altomonte, “comporterebbe il rischio di un deragliamento in assenza di una ripresa sufficientemente solida”. Altomonte è dell’idea che alla fine la Bce farà di necessità virtù considerando anche che dalla Bundesbank sono arrivati segnali rassicuranti sul fatto che il ritorno dell’inflazione non rappresenta un pericolo tale da consigliare un rovescio della politica monetaria. È dunque molto probabile che il programma di acquisto titoli, che viaggia intorno a 80 miliardi di euro al mese, non subirà per ora riduzioni. “Il problema, però, esiste – prosegue l’economista – ed è comune a tutte le banche centrali. Persino negli Usa, dove la Federal Reserve ha già dato segnali di voler inasprire la politica monetaria, il dilemma è tutt’altro che superato”. In effetti, la Fed ha annunciato che da luglio comincerà a rivendere sul mercato i titoli comprati durante la pandemia, ma l’ammontare non è molto significativo proprio perché all’appello mancano 8 milioni di posti di lavoro e il pil non è ancora tornato ai livelli pre Covid. Qual è allora il momento giusto? “Difficile dirlo – spiega Altomonte –. Può capitare che, almeno in una prima fase, la ripresa economica non sia abbastanza solida da sopportare una riduzione degli aiuti da parte delle banche centrali o un aumento dei tassi d’interesse. Diciamo che sarebbe preferibile che il pil della zona euro tornasse ai livelli pre-Covid, ma anche un po’ oltre, per fare in modo che la probabile reazione negativa dei mercati di fronte a un ritiro degli aiuti non abbia un effetto destabilizzante”. 

 

La Bce si trova di fronte a un bivio e Lagarde deve riuscire a trovare un punto di equilibrio tra le due anime del consiglio. Come sintetizza Bofa nella sua analisi, il recente dibattito interno ha visto su fronti opposti i componenti che ritengono sia un errore avviare un tapering in tempi brevi (Fabio Panetta, Francois Villeroy e Yannis Stournaras) e quelli che si sono mostrati più propensi a iniziare questo percorso (in particolare, la tedesca Isabel Schnabel). Interpellato dal Foglio, Paul Diggle, vice capoeconomista di Aberdeen Standard Investments, spiega che a condizionare la scelta c’è il ricordo del “taper tantrum” statunitense del 2013, quando le speculazioni sulla riduzione degli acquisti di titoli spinsero in alto i costi di finanziamento per le imprese e i consumatori comuni. “È una preoccupazione genuina che la ripresa debba essere autosostenuta prima che la politica monetaria di sostegno sia rimossa – dice Diggle –. Per contro, i falchi vogliono rassicurarsi sul fatto che il sostegno straordinario della politica monetaria non continuerà per sempre. La verità è che è difficile accontentare tutti e non c’è un momento perfetto per ridurre gli stimoli. Madame Lagarde dovrà mostrarsi credibile nel difficile compito di ridimensionare il Qe e, allo stesso tempo, sostenere l’economia”.