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La crisi politica

Lo stillicidio di scandali sessuali e giudiziari mette in crisi il “modello Sanchez”

Luciano Capone

L’economia corre, ma in Spagna il governo progressista perde consenso: tra corruzione, MeToo, alleati in rivolta e Parlamento paralizzato, il premier socialista intende continuare a governare senza maggioranza e senza legittimazione

"E’ nell’interesse degli spagnoli avere questo governo” ha detto Pedro Sánchez nella conferenza stampa di fine anno, elencando i successi economici e sociali del suo governo. Il fatto, però, è che gli spagnoli non sembrano esserne convinti.

I sondaggi indicano una forte prevalenza del centrodestra: il Partido popular (Pp) e la destra di Vox sommano 200 seggi su 350. Ma il problema è che orma neppure gli alleati del Psoe, nella sfaldata maggioranza che ha eletto Sánchez, ne sono convinti. La vicepremier Yolanda Díaz, del partito di sinistra Sumar, chiede un rimpasto. Erc, la sinistra indipendentista catalana, dice che non vuole più “continuare a vergognarsi ogni giorno” sostenendo questo governo. L’estrema sinistra di Podemos lo definisce un “cadavere politico”. Ma com’è possibile che il “modello Sánchez”, tanto apprezzato in Italia dal Pd di Elly Schlein, sia così disprezzato dai suoi alleati in Spagna

La profonda crisi del governo Sánchez sembra inspiegabile, visto che il pil della Spagna cresce al 2,9 per cento quest’anno, il doppio della media europea, e crescerà secondo le previsioni al 2,3 per cento nel 2026, il tasso più alto tra i grandi paesi europei dopo la Polonia. Ben oltre lo zerovirgola italiano, tedesco e francese. Dal 2019, Sánchez governa dal 2017, l’economia spagnola ha avuto una crescita cumulata del 10 per cento rispetto al 6,4 per cento dell’area euro. Questi dati, estremamente positivi, sono però il prodotto di una realtà più complessa.

Sebbene la Spagna non abbia gli stessi problemi di calo della produttività dell’Italia, buona parte della sua crescita economica è il prodotto dell’aumento della popolazione. Secondo i dati del Real Instituto Elcano, dopo la pandemia in Spagna c’è stato un flusso di immigrazione di 600 mila persone l’anno e attualmente gli immigrati, soprattutto dall’America latina, sono 9 milioni su circa 50 milioni di residenti e rappresentano il 23 per cento degli occupati (uno su quattro): il 90 per cento dei nuovi posti di lavoro creati da gennaio 2024 a marzo 2025 sono stati occupati da immigrati.

Questo ha provocato da un lato tensioni sociali alimentando il voto a favore dell’agenda di Vox su immigrazione e sicurezza, dall’altro ha causato problemi economici perché la pressione demografica ha esacerbato il cronico problema dell’alto costo della casa. In un contesto in cui la disoccupazione resta sopra il 10 per cento e l’inflazione ha corso più velocemente dei salari, che in termini reali sono ancora circa il 5 per cento più bassi rispetto al livello pre Covid. Ma in generale, soprattutto rispetto al contesto europeo, l’economia spagnola gode di buona salute.

La crisi del governo Sánchez è soprattutto politica. Da un lato c’è la natura della maggioranza Frankenstein che ha consentito a Sánchez di continuare a stare alla Moncloa nonostante la sconfitta contro il Pp alle elezioni anticipate del 2023, ma mostra ora l’incompatibilità di una coalizione che va dall’estrema sinistra alla destra indipendentista catalana fino agli eredi politici dei terroristi baschi dell’Eta. Dall’altro c’è lo stillicidio di scandali giudiziari e ora sessuali che da troppo tempo sta travolgendo la struttura di vertice del Psoe, colpendo le persone più vicine di Sánchez.

Prima le inchieste sulla moglie e sul fratello del premier, accusati di traffico d’influenze e raccomandazioni. Poi gli arresti per corruzione degli ultimi due segretari organizzativi del Psoe, l’ex potente ministro dei Trasporti José Luis Ábalos e Santos Cerdán, uomini di massima fiducia del premier: erano i compagni di viaggio della Peugeot 407, mito fondativo del “sanchismo”, il tour della Spagna attraverso cui Sánchez riconquista la guida del Psoe e poi rovescia in Parlamento il governo Rajoy in nome della pulizia e della lotta alla corruzione. Ora non si contano gli alti dirigenti socialisti accusati o imputati di corruzione.

A questo si aggiunge il “MeToo” del Psoe, che vede quasi ogni giorno dimettersi un dirigente del partito per le accuse di molestie sessuali. Il primo a saltare è stato Paco Salazar, stretto collaboratore di Sánchez alla Moncloa, che avrebbe dovuto sostituire gli arrestati Ábalos e Cerdán. Troppo per un partito che si definisce “femminista” e baluardo contro il “machismo” della destra. Domenica ci sono le elezioni regionali in Extremadura, storico feudo socialista, dove i sondaggi indicano una vittoria del Pp e una sconfitta senza precedenti del Psoe.

La Peugeot di Sánchez sembra aver finito la benzina. In Italia l’Espresso lo ha nominato “Persona dell’anno” e il premier spagnolo ha rilanciato sui suoi social la copertina, ma entrambi sembrano guardare la realtà dallo specchietto retrovisore: l’Espresso esalta quello che qualche anno fa era un leader progressista forte e popolare, Sánchez rilancia quello che qualche decennio fa era un settimanale progressista influente. Guardando la realtà dal parabrezza El Paìs, il principale quotidiano della sinistra spagnola, dedica paginate alla crisi politica e di credibilità del Psoe invitando il leader ad agire.

Sánchez invece pensa di andare avanti così fino al 2027, senza maggioranza e senza mai aver approvato una legge di Bilancio, perché – dice – il suo governo conviene degli spagnoli. Ma non intende chiedere agli spagnoli se la pensano allo stesso modo, né attraverso i loro rappresentanti in Parlamento con una questione di fiducia né a loro direttamente attraverso le elezioni anticipate. Un progressista andreottiano: meglio tirare a campare che tirare le cuoia.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali