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Il Colloquio
La via Fastweb+Vodafone per giocare la partita dell'intelligenza artificiale. Parla l'ad Renna
"L'obiettivo è un ecosistema italiano credibile che coinvolga startup, università e istituzioni", dice al Foglio l'amministratore delegato dell'operatore mobile. Ma serve un quadro europeo che punti alla sovranità tecnologica: "Altrimenti saranno i fornitori a dettare le regole del gioco"
Da telco a techco, come dicono in gergo. Dalle telecomunicazioni a una nuova dimensione tecnologica. Fastweb+Vodafone (si chiama così in attesa di un nuovo nome) è ormai il primo operatore mobile italiano e ha compiuto un cammino lungo oltre vent’anni. Ora ne comincia un altro ancor più ambizioso nell’universo dell’intelligenza artificiale.
L’amministratore delegato Walter Renna vuole giocare un ruolo da protagonista con l’ottimismo della ragione e della volontà. Ha scelto un approccio pragmatico, scevro da velleitari slanci futuribili verso la super-intelligenza evitando il rischio di mobilitare immense risorse senza sapere quale frutto daranno, se mai lo daranno. “Il nostro obiettivo – spiega al Foglio – è costruire un percorso italiano che sia credibile e competitivo; un vero ecosistema che includa startup, istituzioni, università”. Ha investito in un supercomputer Nvidia e in un data center, lavora su piattaforme con un modello linguistico proprietario (Miia, Modello italiano di intelligenza artificiale), sta applicando l’IA nella rete in fibra ottica, nel rapporto con i clienti, negli acquisti, la mette a disposizione dei suoi settemila dipendenti affinché tutti la utilizzino. “E’ il tragitto avviato al nostro interno e in Italia, ci piacerebbe che anche l’Europa lo favorisse”.
L'Europa non ha tenuto il passo e deve colmare il divario con Stati Uniti e Cina. Ma dopo gli entusiasmi degli ultimi due anni sono cominciati i primi dubbi. Siamo entrati in una gigantesca bolla? E’ vero, ha ammesso Jeff Bezos nel suo intervento una settimana fa all’Italian tech week di Torino, dialogando con John Elkann, ma alla fine della fiera sarà una bolla benefica. “L’IA c’è e ci resterà, coinvolge l’intera società, non è un’innovazione settoriale, tanto meno momentanea, tutti dovranno rivedere i propri processi”, dice Renna. Nato nel 1982, pugliese con studi a Bologna e master alla Bocconi, è stato assunto dalla Fastweb nel 2008 e ne ha accompagnato le trasformazioni. Nell’ottobre 2023 la Swisscom, azionista di maggioranza, lo ha indicato come amministratore delegato, lo scorso anno ha realizzato la fusione con Vodafone Italia, poi è entrato anche nel mercato dell’energia elettrica. Il 2024 si è chiuso con un giro d’affari di 2 miliardi e 800 milioni di euro con ricavi, clienti e margini in aumento. La Fastweb non molla il suo mestiere tradizionale e le proprie risorse, la rete in fibra ottica che si tiene ben stretta, il 5G, l’edge computing, ma il centro strategico si sposta in avanti.
Ursula von der Leyen sostiene che adesso “l’Europa c’è” con progetti e investimenti. Si parla di “sovranità europea” dalla salute alla difesa, dai servizi alla manifattura perché l’IA è non solo un fattore produttivo, ma un asset strategico. La Ue sta gettando il cuore oltre l’ostacolo? Nel suo intervento a Torino, Renna che ha parlato subito prima della von der Leyen, ha esordito sottolineando che non viviamo in periodo normale e ciò richiede una svolta eccezionale. “La globalizzazione come l’abbiamo conosciuta negli ultimi 30 anni è finita. I grandi blocchi si orientano verso il protezionismo: gli Stati Uniti usano i dazi per spingere il reshoring della produzione, la Cina ha blindato il suo mercato interno. La Ue deve decidere cosa vuole: diventare protagonista di questa nuova rivoluzione tecnologica, investendo in IA, ma anche in cybersecurity e cloud tre dimensioni ormai strettamente integrate, oppure essere solo consumatrice delle nuove tecnologie. Se si perde la sovranità tecnologica saranno i fornitori a dettare le regole del gioco; quindi occorre controllare dati, infrastrutture, algoritmi che sostengono la nostra economia, la nostra sicurezza e la nostra democrazia”. I sistemi possono essere spenti dall’oggi al domani, i dati sensibili possono fuggire all’estero anche se ospitati da infrastrutture che risiedono dentro la Ue, e venire usati per scopi politici o militari contrari agli interessi italiani ed europei.
Il Cloud act americano ad esempio obbliga le aziende a cedere al governo, se richiesti, i dati compresi quelli raccolti fuori dagli Stati Uniti, anche a costo di entrare in contrasto con il Data act varato da Bruxelles. “Senza una tecnologia domestica, l’Europa perderà via via le sue stesse competenze, rischiando di ridursi a un’economia di servizi residuale: ottimo turismo e ottimo cibo, ma una base industriale erosa”. Come reagire?
Fondamentale è il mercato unico. “In Europa non ci sono economie di scala perché non abbiamo un solo mercato – dice Renna – La presidente della Commissione ha parlato di capitale di rischio, di venture capital, non ha parlato invece di un procurement europeo”. Non si tratta di sussidi assistenziali, ma di una domanda pubblica e privata che permetta di investire anche a lungo termine come accade negli Usa e in Cina. Insomma, un buy European che diventi comportamento diffuso.
E qui si apre il gran capitolo delle regole. Gli Usa accusano la Ue di eccesso regolatorio, troppe norme e troppo rigide. Anche su questo Renna è pragmatico. “Le regole esistono, dobbiamo accettarle e conviverci. Ci sono leggi che hanno l’obiettivo di proteggere i nostri valori, la privacy, l’autonomia delle persone, il loro sviluppo. Non solo: è più che mai aperto il dibattito sui rischi della nuova tecnologia, fino al pericolo che sfugga di mano. La Ue se lo è posto e ha cercato di erigere una difesa normativa per evitarlo”. Fastweb è tra le prime aziende in Europa ad aver certificato la conformità del sistema di gestione IA alle norme e alle best practice internazionali. E con Miia è pienamente allineata al Codice di condotta della Commissione europea e alle prescrizioni dell’AI act. “L’Europa è brava a fare leggi innovative, il vero problema è che debbono essere uguali per tutti anche per le aziende extra Ue e vanno applicate in modo equo a cominciare dalle istituzioni pubbliche”, rilancia Renna. Su questo c’è già un conflitto con l’amministrazione Trump che sta cercando ogni scappatoia per il Made in Usa. Entra in ballo la politica e la Ue deve dimostrare di aver la forza per garantire il rispetto delle regole. “Non è una sfida facile, ma una industria tecnologica robusta può consentire di combattere questa battaglia con un rapporto di forza diverso”.
Questa industria c’è in Europa o va creata? Le maggiori aziende esistenti, la francese Mistral o la tedesca SAP per esempio, sono molto più piccole delle concorrenti americane o cinesi. In questa fase, spiega Renna, più che a nuovi giocatori, occorre pensare ai bisogni reali delle imprese e della pubblica amministrazione. Stati Uniti e Cina operano su un’altra scala: hanno capitali enormi, accesso a quantità smisurate di dati, infrastrutture avanzate e una fortissima concentrazione di competenze. Ci vorranno, allora, interventi diretti dalla Ue anche nel capitale? “Aiuti finanziari di Bruxelles serviranno più per le start-up, per stimolare il tessuto di innovazione che sta crescendo lentamente. Le aziende industriali non hanno bisogno di altri fondi, ma della certezza che la Ue è disponibile a premiare campioni europei. Questa è la politica sana che può rendere competitive le imprese”.
Renna è convinto che non sia necessario nemmeno spendere troppo in modelli di grandissime dimensioni, invece “occorrono dati di qualità che siano al sicuro nel territorio europeo, e modelli verticalizzati, ritagliati sui bisogni delle imprese. Tutto questo è assolutamente fattibile”. E le grandi infrastrutture come i mega center che si stanno costruendo negli Usa e in Cina? L’Europa si è mossa, con il piano da 200 miliardi di euro, pochi se si pensa che OpenAI da sola vale 500 miliardi di dollari. Tuttavia il gigantismo non è tutto. La Cina non ha accesso agli enormi impianti americani, ma sta facendo cose eccellenti, si pensi a DeepSeek, e si muove sulla via della IA aperta. Insomma, “sarebbe impensabile replicare il modello Big Data, l’Europa deve creare in primo luogo un ecosistema che favorisca la diffusione della IA. Servono le infrastrutture, certo e servono alleanze, la sovranità digitale non si costruisce in splendida solitudine, ma soprattutto serve ingegno, serve efficienza, serve che i dati siano al sicuro e i vantaggi competitivi delle nostre industrie restino qui”.
La via pragmatica alla grande trasformazione in corso passa per la partecipazione attiva a ogni livello da parte delle imprese manifatturiere, della pubblica amministrazione, dei servizi. Renna racconta lo studio di un gruppo di ricercatori europei, pubblicato su Nature, che ha analizzato migliaia di casi di salute di cittadini danesi e britannici addestrando un modello linguistico con appena 2,2 milioni di parametri, piccolino quindi, ma capace di prevedere lo stato di salute di ciascuno nei prossimi vent’anni, in teoria potrebbe cambiare l’intero modello sanitario. “Questa è innovazione, questo significa verticalizzare”. Una strategia basata sulla agilità del piccolo contro la potenza del grande: Davide e Golia? “La sfida non è fare la stessa cosa in scala ridotta, ma adottare un nostro approccio. Siamo convinti che con l’ingegno, con la capacità di essere efficienti, con modelli flessibili, modulari, adattabili a diverse esigenze, si può competere, si può innovare”. L’Europa non è tagliata fuori, dunque, e nemmeno l’Italia. Al contrario, si può fare la differenza con un paradigma diverso, eppure altrettanto dirompente. “L’IA per noi non è un progetto isolato – precisa ancora Renna – ma l’ultimo tassello della nostratrasformazione: da semplice operatore di telecomunicazioni a vera TechCo, coninfrastrutture proprietarie sopra le quali costruiamo un ecosistema completo di cloud, cybersecurity e intelligenza artificiale sviluppata in Italia”. Allora il nuovo nome c’è già: non più solo Fastweb, ma Fastech.

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