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Nobel per la Pace
Ecco María Corina Machado, l'Iron Lady di Caracas e Nobel per la pace
Liberale, instancabile lottatrice per la democrazia in Venezuela, è la sintesi tra Margaret Thatcher e il dissidente anticomunista Vaclav Havel: “La forza del nostro movimento è stata affrontare la verità”
María Corina Machado viene da lontano. Nel 2012 interruppe l’allora presidente Hugo Chávez, che parlava da otto ore in stile Fidel Castro, in nome del Venezuela che non voleva “andare verso il comunismo” dicendogli che stava rovinando il paese: “Lei si è dedicato a espropriare, che è rubare”. Chávez le rispose che per poter dibattere con lui avrebbe dovuto prima vincere le primarie, non era ancora alla sua altezza: “L’aquila non cattura le mosche”, disse con arroganza. Quella sfida al caudillo diede molta popolarità a una giovane deputata che incarnava l’angoscia di un paese che stava scivolando verso l’autocrazia e la miseria, mentre l’opposizione tradizionale venezuelana pensava o si illudeva di poter convivere democraticamente con il chavismo.
Dopo 13 anni Chávez, che all’epoca era un mito della sinistra no global e anti capitalista, è passato alla storia come il liquidatore della democrazia venezuelana, mentre Machado ha ricevuto il premio Nobel per la Pace “per il suo instancabile lavoro nella promozione dei diritti democratici del popolo venezuelano e per la sua lotta per una transizione giusta e pacifica dalla dittatura alla democrazia”, recita la motivazione. “Instancabile” è la parola che meglio incarna lo spirito di questa donna che, in clandestinità, continua a lottare per il ripristino della democrazia.
La sua è una lunga storia di attivismo politico Nel 2002, agli albori della “rivoluzione bolivariana” fonda la ong Súmate per tutelare la elezioni libere e democratiche. Nel 2010 viene eletta deputata, ma nel 2014 viene fatta decadere dall’Assemblea nazionale, poi il regime l’accusa di cospirazione e le impedisce di ricandidarsi. Nel 2014 anima le proteste di piazza guidate da Leopoldo López contro la grave crisi economica. Poi, dopo un golpe istituzionale di Maduro che scioglie il Parlamento, sostiene il riconoscimento come capo di stato del presidente dell’Assemblea nazionale Juan Guaidó, finché viene costretto alla fuga all’estero. Così, man mano che gli altri esponenti politici vengono arrestati o esiliati, riesce a unire un’opposizione storicamente litigiosa (questo aspetto è segnalato nelle motivazioni del Nobel: “La signora Machado è stata una figura chiave e unificante in un’opposizione politica un tempo profondamente divisa”).
Undici anni dopo lo scontro con Chávez, nel 2023, Machado vince effettivamente le primarie con oltre il 90 per cento dei consensi, ma neppure in quel caso il confronto democratico con il regime è possibile: né con Chávez, perché ormai defunto, né con il suo delfino Nicolás Maduro, che la esclude dalle competizioni elettorali per 15 anni. Allora Machado, dopo che viene rifiutata anche la candidatura della sua vice Corina Yoris, sostiene lo sconosciuto e anziano diplomatico Edmundo González. Lo affianca in ogni uscita e dichiarazione pubblica, lo accompagnato in ogni comizio, apparendo all’improvviso in piazze e strade per sfuggire alle violenze del regime. Alla fine vince in maniera schiacciante le elezioni e, forte dell’esperienza da attivista, mostra al mondo le prove documentali dei brogli elettorali della narcodittatura di Maduro. Dopo le elezioni anche il vincitore Edmundo González, minacciato di arresto, viene spedito in esilio in Spagna. Ma Machado rimane in Venezuela a proseguire la sua missione, in clandestinità, lontana dai figli e dalla famiglia.
Politicamente è di centrodestra, una liberalconservatrice, anche se la propaganda di regime la definisce come una fascista. E’ una fautrice del “capitalismo popolare”, del ritorno all’economia di mercato e alla democrazia liberale: Margaret Thatcher in economia (a proposito, lunedì cade il centenario della nascita della lady di ferro) e Carlos Rangel – l’intellettuale venezuelano autore del celebre “Dal buon selvaggio al buon rivoluzionario” – nella visione politica liberale. Machado si è fatta interprete della resistenza liberaldemocratica in un paese, una volta benestante, con le maggiori riserve petrolifere al mondo che a causa del “Socialismo del XXI secolo” ha subito la più grande devastazione economica e umanitaria in tempo di pace: iperinflazione, povertà oltre il 90 per cento, 8 milioni di emigrati (un quarto della popolazione, più dei rifugiati siriani dopo la guerra civile), crollo del pil del 75 per cento. Il Socialismo del XXI secolo non è stato affatto diverso da quello del XX secolo.
“La forza del nostro movimento è stata di affrontare la verità”, ha detto Machado l’anno scorso quando ha ricevuto il premio Bruno Leoni dell’Ibl. In questo ricorda molto la figura e le parole del dissidente anticomunista Václav Havel, che ne “Il potere dei senza potere” raccontava la ribellione pacifica di chi non vuole più “vivere nella menzogna”. Havel, dopo anni di persecuzione da parte del regime comunista, è diventato presidente della Cecoslovacchia (e poi Repubblica ceca) democratica. I venezuelani sperano che presto lo stesso succeda a María Corina Machado.