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Lo studio
L'Italia dello zero virgola nasce anche negli uffici. Uno studio in Bankitalia
Tra il 2019 e il 2024 l’occupazione italiana è cresciuta, ma la ripresa post Covid poggia su un sistema produttivo che continua a puntare sul lavoro a basso costo più che sugli investimenti in capitale e formazione specialistica. I numeri
L’analisi della Banca d’Italia intitolata “L’occupazione in Italia dopo la pandemia”, firmata dagli esperti Emanuele Ciani, Salvatore Lattanzio, Graziella Mendicino e Eliana Viviano, racconta una storia complessa, come il nostro paese: gli occupati, tra fine 2019 e la fine del 2024, sono aumentati del 4,8 per cento. Però, “pulendo” il dato dal settore delle costruzioni e dell’occupazione pubblica, la crescita scende al 3,2 per cento, comunque in linea con la media dell’euro area. Una ripresa robusta post covid, certo, ma sorretta da incentivi temporanei: salari reali in calo, politiche fiscali espansive, e aumento dei dipendenti pubblici. E che certifica, nuovamente, che in Italia si è preferito assumere più persone piuttosto che investire in macchinari, tecnologia e automazione.
Un primo fattore strutturale della crescita dell’occupazione è l’aumento della partecipazione al lavoro degli over 55. Parallelamente, sono intervenuti fattori congiunturali: salari reali in calo, sussidi e incentivi fiscali, politiche espansive, e sblocco delle assunzioni nella sanità e nella pubblica pubblica amministrazione.
Il reparto informazione e comunicazione (Ict) è cresciuto invece dello 9,3 per cento negli ultimi cinque anni, mentre le attività professionali, scientifiche e tecniche dello 12,4 per cento. Dall’altro lato, il settore delle costruzioni da soli spiegano un quarto della crescita: gli studi di architettura, ingegneria, legali e contabili hanno cavalcato l’onda degli incentivi e sono continuati a crescere nel 2024 contro le previsioni iniziali. Anche sanità (sia privata che pubblica) e istruzione hanno contribuito grazie allo sblocco del turnover.
Banca d’Italia sottolinea che, tra il 2019 e il 2023, gli specialisti in informatica e telecomunicazioni sono aumentati di oltre 150 mila unità, circa il 22 per cento. Tuttavia l'Italia ha molti meno laureati (con conseguenti competenze di alto livello) nelle discipline Stem e Ict e affini rispetto alla Germania. La quota di specialisti sul totale è in linea con l’eurozona, ma mancano laureati che possano occupare posizioni di alto livello. Il telelavoro, molto diffuso tra i professionisti Ict, allarga il bacino di reclutamento, ma non crea nuovi laureati. La quantità di laureati con competenze tecniche elevate è insufficiente per assorbire la domanda crescente, non solo per imprese digitali ma anche per aziende manifatturiere che si digitalizzano.
Inoltre, chi paga stipendi più alti non assume di più: sono le imprese con più capitale per dipendente a garantire retribuzioni migliori. Sono aziende con maggiore intensità di capitale (cioè che usano più macchinari, tecnologia, automazione) che innalzano la produttività per dipendente. Per esempio, le imprese che usano l’intelligenza artificiale offrono condizioni migliori e cercano profili compatibili con l’AI, ma assumono meno. In sostanza, una parte dell’economia italiana continua a investire troppo poco in capitale (il cosiddetto capital deepening), affidando la crescita alla quantità di lavoro e non alla sua qualità.
Lo confermano anche i numeri macroeconomici “Conti economici nazionali - Anni 2023 e 2024” diffusi da Istat. Nel 2024 il pil al netto dell’inflazione è cresciuto dello 0,7 per cento. A spingere sono stati soprattutto i consumi delle famiglie e della PA (+0,6 per cento), con un piccolo contributo di 0,1 punti percentuali dalla domanda estera netta. Gli investimenti delle imprese, invece, sono cresciuti dello 0,5 per cento. Si vede anche dai settori: le costruzioni avanzano, +1,1 per cento, e i servizi crescono dello 0,8 per cento, mentre l’industria è stabile. Stiamo comprando e assumendo, ma investiamo ancora poco in macchinari e tecnologie. Consumiamo e assumiamo, ma investiamo poco, e la crescita resta dello zero virgola.
Senza un salto nell’offerta di competenze scientifiche e tecnologiche, l’Italia resterà con un mercato del lavoro iperstimolato e sottocapitalizzato. L’analisi della Banca d’Italia è quindi un invito a guardare oltre l’immediato: l’occupazione regge, ma la produttività resta bassa e la qualità della crescita incerta. Le cifre di Istat aggiungono un ulteriore monito: il pil avanza, ma gli investimenti arrancano. Per evitare che la crescita si esaurisca, servono più macchine e più cervelli, più investimenti e più specialisti con competenze di alto livello.