Inflazione e occupazione, il piccolo capolavoro della Bce

Luciano Capone e Riccardo Trezzi

Per anni la politica italiana ha criticato il rialzo dei tassi deciso da Lagarde preannunciando recessione e disoccupazione. Ma la politica monetaria ha funzionato: inflazione giù, pil in crescita e boom del mercato del lavoro

Negli ultimi quattro anni, l’Italia ha avuto un boom occupazionale e nessuno l’ha visto arrivare. Tutta la politica era convinta che sarebbero arrivati tempi duri, o per colpa della politica monetaria restrittiva della Bce o per la politica fiscale restrittiva del governo. O per entrambe.
Nel luglio del 2022 la Bce ha alzato i tassi di rifinanziamento per la prima volta dopo anni. L’inflazione nell’area euro era alle stelle, vicina al 9%, con quella di fondo oltre il 4%. L’intervento della Bce, per quanto tardivo, era inevitabile: serviva un segnale forte per riportare le aspettative sotto controllo e scongiurare un’escalation dei tassi a lunga scadenza, che avrebbe reso più oneroso il processo futuro di disinflazione.

  

Ma la politica italiana vedeva nero. “Con i tassi troppo alti si rischia la recessione”, Antonio Tajani (giugno 2023). “La Bce, contro l’evidenza dei suoi stessi studi e il buonsenso, annuncia di voler alzare ancora i tassi”, Matteo Salvini (giugno 2023). “I motivi dell’inflazione sono esterni, non interni all’Ue, mentre il rischio evidente a tutti è la recessione”, Adolfo Urso (giugno 2023). Qualcuno ci aveva visto lungo prima di tutti, già ad aprile 2022, come Alberto Bagnai (Lega): “Il 3 gennaio vi dissi che la recessione era alle porte e vi spiegai il perché, QUINDI ora la recessione è arrivata”. In realtà la recessione non è mai arrivata, come d’altronde il tramonto dell’euro. Il governo attaccava la politica monetaria della Bce e pensava di poter contenere l’inflazione con programmi surreali di controllo dei prezzi. Così, se fosse arrivata la recessione sarebbe stata colpa di Christine Lagarde, ma siccome la politica della Bce ha funzionato il governo Meloni ha detto che il calo dell’inflazione è stato merito del suo “carrello tricolore”. 

 

Sulla stessa lunghezza d’onda c’era anche l’opposizione. Andrea Orlando, del Pd, a dicembre 2022 diceva: “Lagarde rischia di mandare l’Europa in una profonda recessione per raffreddare l’inflazione. Dobbiamo uscire da questa trappola monetarista e cercare di salvare l’economia oltrepassando l’ossessione della politica monetaria basata esclusivamente sulla manipolazione dei tassi di interesse”. Non si è ben capito cosa fosse la “manipolazione dei tassi di interesse” e quale l’alternativa, ma per fortuna non c’è stato bisogno di sperimentarla. E come Orlando e il governo la pensavano anche alcuni economisti progressisti: “Anche io penso che la politica monetaria della Bce sia eccessivamente restrittiva e provocherà una recessione non necessaria”, diceva Andrea Roventini, già fantaministro dell’Economia di Luigi Di Maio (dicembre 2022).

 

A distanza di tre anni, il verdetto è inequivocabile: la Bce ha fatto un piccolo capolavoro. L’inflazione è rientrata nei ranghi e l’attività economica non ne ha risentito in modo significativo. Anzi, il mercato del lavoro europeo ha mostrato segnali di sorprendente vitalità. In Italia, i dati Istat raccontano di un autentico boom occupazionale. Negli ultimi quattro anni l’occupazione è cresciuta di circa mezzo milione di unità all’anno. Solo nell’ultimo rilevamento, l’aumento tendenziale ha segnato +578mila posti. L’Italia non aveva mai registrato 24,3 milioni di occupati. A questo primato si sommano numerosi record: occupazione femminile, contratti a tempo indeterminato, tassi di occupazione maschili e femminili, fascia di età 25- 54 anni, riduzione dell’inattività e aumento di forza lavoro. Il tasso di disoccupazione è a un soffio dal minimo storico. Al netto di qualche ombra – gran parte della crescita occupazionale si è concentrata tra gli over 50 e i salari reali sono ancora in recupero – il quadro ciclico è tra i più positivi degli ultimi decenni.

 

Quando a giugno 2021 il governo Draghi tolse il blocco dei licenziamenti (l’Italia era stato l’unico paese dell’Ocse a introdurre una norma del genere), la Cgil e la Uil profetizzarono una “bomba sociale” da “un milione di licenziamenti”: nei mesi successivi, in realtà, ci furono quasi 600 mila occupati in più e quasi tutti a tempo indeterminato. Catastrofi analoghe sono state annunciate dopo, quando il governo ha deciso di porre fine al Superbonus: “Ne seguiranno 200 mila disoccupati”, prevedeva l’ex ministro del Lavoro Orlando a novembre 2023. Da allora ci sono stati 550 mila occupati in più, e tutti a tempo indeterminato. Solo un anno fa Pasquale Tridico, ex presidente dell’Inps e di lì a poco europarlamentare del M5s, diceva che l’occupazione cresce ma “le ore lavorate no”. Pierluigi Bersani, a ottobre 2024, rilanciava dicendo che “abbiamo una riduzione delle ore lavorate”. Mentre Maurizio Landini – che con la Cgil ha accompagnato questi quattro anni di boom occupazionale con quattro scioperi generali – dice ancora oggi che “c’è stato un aumento della precarietà che non ha precedenti”. Tutte affermazioni infondate: l’Istat certifica che le ore lavorate sono aumentate (indice a 117,2 a fine 2024, con base 100 nell’anno 2021) mentre gli occupati a termine sono diminuiti non solo in rapporto a quelli permanenti, ma anche in valore assoluto.

 

Una fase espansiva così prolungata e diffusa non si vedeva da tempo, e il ciclo sembra non mostrare segni di rallentamento. Sia l’azione monetaria che il piano di aggiustamento fiscale sono stati bersagli di critiche, ma si sono rivelati alcune delle mosse più efficaci degli ultimi anni in ambito macroeconomico ottenendo riduzione dell’inflazione, crescita economica e forte crescita dell’occupazione. C’è qualcuno che ha il coraggio di ammettere di essersi sbagliato?

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