Adolfo Urso - foto Ansa

Editoriali

Adolfo Urso e la battaglia contro l'Alfa Romeo Milano, prodotta in Polonia

Redazione

Il ministro delle Imprese si scaglia contro la delocalizzazione utilizzando una legge "dell'Italian Sounding". Ma la crisi dell'automotive è troppo serie per le battute sui nomi delle vetture. Qualche esempio

L’ultima puntata del grande duello tra Adolfo Urso e Carlos Tavares ha per titolo Milano. Non la città, ma la vettura dell’Alfa Romeo battezzata con il suo nome. Dice il ministro: “Non si può produrre in Polonia un’auto chiamata Milano. Lo vieta la legge italiana che nel 2003 ha definito l’Italian Sounding, una legge che prevede che non bisogna dare indicazioni che inducano in errore il consumatore. Sarebbero indicazioni fallaci legate in maniera esplicita alle indicazioni geografiche”. Non conoscevamo questa norma e non sappiamo chi se la sia inventata. Ma subito ci viene in mente la Gran Torino costruita dalla Ford, in omaggio non solo alla città, ma alla Fiat della quale il vecchio Henry è stato ispiratore.
 

La stessa Gran Torino che ha dato il titolo al film capolavoro di Clint Eastwood. C’è stata poi la Ford Capri prodotta in Germania e in Inghilterra. Allora quella legge non esisteva ancora, ma spulciando qua e là abbiamo trovato che dal 2003, da quando è in vigore la singolare prescrizione, circola un suv della Nissan chiamato Murano. Che facciamo? Ben 26 modelli di auto giapponesi hanno nomi italiani: Honda, Toyota, Suzuki, tutte le grandi, un bel pasticcio citarle in giudizio.
 

Se vogliamo estendere il principio della fallacia geografica, negli Stati Uniti possiamo divertirci. Si chiama Verona la città del New Jersey dove è stato girato “Il Padrino”. E non basta: c’è Roma in Georgia, Genova in Colorado, Venezia in California, Napoli in Florida e, udite udite, Milano in Ohio. Tranne Verona i nomi sono tradotti in inglese, ma sull’Italian sounding non ci sono dubbi: lo si potrebbe fare reato universale. Resta la questione più seria: perché non produrre in Italia l’Alfa Milano? “Perché costa troppo”, ha detto Tavares, che ne approfitta per chiedere altri incentivi al governo di Roma (quello di Varsavia aiuta già in abbondanza). Le difficoltà di Stellantis e della filiera italiana non meritano una battuta a effetto. Si potrebbe fare ricorso al solito  Clemenceau: anche la guerra dell’auto è troppo seria per essere lasciata ai generali.

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