(foto Ansa)

L'incontro

Urso-Le Maire-Habeck: il triangolo industriale per rilanciare le imprese Ue

Mariarosaria Marchesano

L'incontro tra i ministri economici di Italia, Francia e Germania è un passo in avanti verso una strategia comune per rilanciare l'Europa nei settori green e tech 

Sono davvero lontani i tempi in cui la destra sbraitava contro l’Europa e non nascondeva una certa antipatia nei confronti di un ministro potente, liberale ed eclettico come il transalpino Bruno Le Maire. Le cose, però, sono cambiate da quando il ministro dell’Economia francese si è fatto portavoce in Europa della richiesta di una massiccia semplificazione burocratica per le imprese, cercando di stimolare la crescita economica del suo paese che ha un deficit in ascesa, sebbene non ai livelli dell’Italia: le diversità hanno lasciato il campo alla collaborazione. “Nessun paese può farcela da solo di fronte alle sfide economiche di questa fase”, dice oggi il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, ammettendo che tocca ai paesi fondatori della casa comune europea indicare la strada anche quando i governi che li rappresentano sono “diversi per cultura e famiglia politica”. Mal comune mezzo gaudio, soprattutto considerando che anche la Germania non se la passa tanto bene.

Così, l’incontro trilaterale tra i ministri economici di Italia, Francia e Germania – Urso, Le Maire e Robert Habeck – ha segnato una discontinuità con il passato: problemi simili richiedono soluzioni condivise. E poi, è necessaria una strategia comune per rilanciare l’Europa come superpotenza industriale – soprattutto nei settori green e tecnologico – in uno scenario polarizzato tra il protezionismo degli Stati Uniti e il protagonismo della Cina. Tutto questo però ha bisogno, come ha spiegato Urso, di un “cambio di rotta” della Commissione europea, che sarà rinnovata dopo le elezioni del Parlamento Ue. “Il nostro obiettivo è fare dell’Europa il continente più avanzato sul piano della sostenibilità ambientale, sociale e produttiva, e sul piano delle libertà e dei diritti civili, politici ed economici”, ha detto il ministro delle Imprese italiano.

Intanto, però, ci sono problemi urgenti da risolvere nel campo del commercio e dell’industria. “Il deficit commerciale tra la Cina e l’Europa si è moltiplicato per tre in dieci anni passando da 100 a 300 miliardi di euro”, ha spiegato Le Maire ponendo il tema della creazione di una riserva di mercato per i prodotti “made in Europe” e di quote del 40-50 o 60 per cento negli appalti da destinare agli europei, che è stato immediatamente recepito da Urso: “Siamo favorevoli a ogni soluzione che ci consenta di sviluppare un’autonomia strategica sui settori che sono fondamentali per lo sviluppo del nostro continente”, ha replicato il ministro italiano. Per il tedesco Habeck bisogna “liberare il potenziale delle imprese” e sono fondamentali “maggiori sinergie nel settore della difesa”.

L’idea di fondo è che negli ultimi anni in Europa siano stati incentivati eccessivamente i consumi, cosa che è andata a beneficio di prodotti importati da altri continenti, specialmente dalla Cina, che però non rispondono agli standard sociali e ambientali che tutte le altre aziende dell’Unione europea sono costrette a rispettare. Con una semplificazione del sistema regolatorio si può provare a passare da un modello di consumo a un modello di produzione favorendo la leadership tecnologica dell’Europa, che poi è il percorso che è stato seguito dagli Stati Uniti con l’Inflaction Reduction Act. Quest’ultimo, però, ha avuto come rovescio della medaglia il ritorno al protezionismo che non è detto l’Europa si possa permettere considerata la sua dipendenza dalle esportazioni.

A ogni modo, il dato più rilevante del trilaterale Italia, Francia, Germania è di tipo politico perché rappresenta un rafforzamento delle relazioni tra i tre paesi e un passo in avanti nella costruzione di una strategia industriale in cui l’Italia prova a giocare un ruolo da protagonista. Restano, poi, profonde differenze nel modo in cui questi stessi paesi stanno affrontando la crisi di alcuni settori, per esempio quello dell’auto. Come ha ricordato proprio Urso in un recente convegno a Napoli, l’Italia a, differenza di Francia e Germania, ha sempre avuto sostanzialmente un solo produttore il cui eventuale disimpegno metterebbe a rischio l’intero indotto, suggerendo, così, che è arrivato il momento di attrarre in Italia nuovi operatori del settore. Cinesi compresi.

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