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ENERGIA

La sicurezza energetica passa dalla divisione di Terna 

Chicco Testa 

L’adeguatezza del sistema elettrico è un tema uscito dai radar. Ed è un guaio. Seguire il modello inglese

La crisi conseguente alla guerra russo ucraina ha riproposto il tema della sicurezza energetica. Le azioni conseguenti hanno riguardato la necessità di approvvigionarsi di gas attraverso forniture alternative alla Russia. Scarsa attenzione viene invece dedicata al problema dell’adeguatezza del sistema elettrico, alla sua sicurezza e al ruolo che svolge Terna, che sviluppa e gestisce la rete di alta tensione (la media e a bassa tensione sono invece gestite da Enel e dalla altre utility ex municipalizzate). La crescita impetuosa delle fonti rinnovabili, destinata a durare nel tempo, ha sicuramente portato benefici nella riduzione della dipendenza dai combustibili fossili, ma ha anche prodotto scenari inediti per quanto riguarda le gestione del sistema elettrico. Per tre ordini di problemi.

Il primo riguarda la sicurezza. La natura intermittente delle fonti rinnovabili e la loro indisponibilità anche per periodi non brevi ci ha costretto a mettere in campo diverse misure che garantiscano in ogni caso le necessarie forniture. Ciò nonostante l’osservazione dei dati presentati dalla stessa Terna non ci fa sentire sicuri. Il margine di riserva, vale a dire la differenza positiva fra la massima richiesta del sistema elettrico, la domanda di punta, e la disponibilità di potenza è assai vicino allo zero. Quando normalmente si ritiene necessaria una riserva di almeno il 10-15%. Le analisi del caso peggiore, maltempo per diversi giorni che mette fuori gioco il solare, scarsa produzione idroelettrica, riduzione delle importazioni dalla Francia che costituiscono da tempo un dato strutturale per il soddisfacimento del fabbisogno elettrico italiano, e già questo è un dato critico in quanto la nostra sicurezza elettrica dipende anche dalla continuità di  forniture estere che possono essere  interrotte,  la  contestuale indisponibilità di qualche impianto termoelettrico, la prossima chiusura del carbone non danno quella sicurezza elevata che dovrebbe essere la condizione necessaria.  Nel 2014 avevamo 25 GW di “adeguatezza” su una domanda di punta di 52,  oggi siamo a zero, anzi a meno 6/7 GW senza supporto estero. Con la domanda di elettricità in crescita. Inoltre dobbiamo remunerare impianti per “restare a disposizione” ed essere “chiamati” a produrre solo in caso di necessità. Per fare da riserva. Si tratta fondamentalmente di impianti termoelettrici alimentati a gas che attendono di capire quale sarà il destino di questo mercato. Il nuovo orientamento per garantire riserva e capacità sembra però essere nei disegni di Terna basato in parte minore sugli impianti a gas e in parte maggiore sugli accumuli tramite batterie. Il che comporta ulteriori problemi. Le batterie si scaricano in un tempo relativamente breve, alcune ore, e hanno bisogno di essere continuamene ricaricate. Hanno un costo molto alto, miliardi di investimenti a carico della collettività, e devono essere sostituite integralmente dopo un certo numero di anni (10-15). Tutti questi costi devono essere scaricati sugli utenti del sistema elettrico. Siamo sicuri che questa sia la strada migliore e più efficiente per mettere in sicurezza il sistema elettrico italiano? Il che richiama l’attenzione sul secondo problema.

Il costo di produzione del singolo kilowattora rinnovabile è oggi competitivo. Ma la questione cambia se si esaminano i costi associati conseguenti alla quota sempre maggiore di fonti intermittenti. Notevoli investimenti sono previsti per rafforzare le dorsali che devono portare l’energia elettrica da rinnovabili prodotta prevalentemente al sud verso le zone di consumo al nord. Altri saranno necessari se partissero i progetti di eolico off-shore. Che si aggiungono ai costi delle batterie e degli impianti a gas “a disposizione” per la riserva. Nonostante il basso costo di produzione e il raggiungimento della cosiddetta “grid party” incentivi di vario genere continuano ad essere erogati. Per esempio per le comunità energetiche e per la realizzazione di  impianti agrofotovoltaici. Oltre a quelli già spesi attraverso il superbounus 110 di cui gli impianti fotovoltaici sono parte importante. Sarebbe opportuna un’operazione “trasparenza” che metta in chiaro l’impatto nel tempo di tutte queste voci. Vigilare su tutti questi aspetti legasti alla sicurezza tocca oggi fondamentalmente a Terna. Terna viene remunerata in percentuale fissa, stabilità dall’Autorità, che tiene conto dei tassi di interesse e del costo del capitale, sulla base del totale del capitale investito. II che genera qualche paradosso e qualche conflitto. Fondamentalmente questo meccanismo premia Terna per gli investimenti fatti a prescindere dalla loro efficacia. Quando fu fatta la riforma del sistema elettrico, ministro  Bersani, il problema era già chiaro e le due funzioni, quella di programmazione dell’evoluzione necessaria per il sistema elettrico e quella di realizzazione degli investimenti necessari e della loro gestione, nacquero separate. Vennero poi fuse in un fase successiva, pur mantenendo funzioni distinte all’interno di Terna. Ma con lo stesso proprietario la cui preoccupazione principale è ovviamente un buon risultato economico. Lo stesso problema è stato affrontato in Inghilterra dove ha portato alla nascita di una società separata (organismo tecnico) dotata di tutte le competere necessarie, che svolge tutte le funzioni di dispacciamento delle risorse e soprattutto di programmazione degli investimenti necessari che vengono poi attuati da National Grid, la Terna inglese. Provvedere a questa separazione sarebbe un elemento di trasparenza, rafforzerebbe l’autorevolezza della programmazione e gestione del sistema elettrico e metterebbe anche Terna al sicuro da potenziali conflitti d’interesse.